VIA SAMBUCO - SENTEE DELL'ARCH DA VALDERVF

Erve – Gnett – Cresta del Magnodeno

Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T4/T5

Indicazioni : Assenti;

Bollatura : Assente (vedi note introduttive);

Traccia : Pista, labile sentiero, assente;

Tempo di salita : ca 4 [h]

Dislivello positivo : 800 ca

Periodo consigliato : Primavera – Autunno.

La navigazione è obbligata e difficile a causa di un’aspra e complessa orografia; inoltre, terreno tecnico, vegetazione opprimente e visibilità necessaria fanno di questo itinerario un serissimo Varco. La flebile traccia, presente nel solo tratto iniziale, è disturbata da sporadici bolli rossi che, però, una volta presa la costa dell’Arch, partono per la tangente togliendo il disturbo. Questa è la relazione dell’autentico Sentee dell’Arch (con le dovute approssimazioni dato l’estremo abbandono della Via) così come riportata dai catasti; estesa per completezza ed interesse fino al raggiungimento della cresta del Magnodeno in corrispondenza dell’uscita della Via della Guardia. Sambuco, infine, è il generico nome affibbiato alle ripide distese di magra erba screziate di rocce e boschetti di queste latitudini.

Disponibilità acqua : Nessuna.

Appoggi : Nessuno

Data di stesura relazione: Primi anni venti.

Due enormi chiazze bianche caratterizzano le mappe del Monte Magnodeno. Una, invero piuttosto recente, è l’osceno nulla che avanza delle cave Vaiolo. L’altra invece, posizionata specchiata rispetto a queste lungo un’ideale linea nord/sud passante dalla Croce di Vetta, è uno scrigno di natura selvaggia. Il perduto storico Sentee dell’Arch vi si intrufola nelle sue estremità più occidentali, in un ideale perfetta prosecuzione della longilinea forma della Val Gallavesa.

Due enormi chiazze bianche caratterizzano le mappe del Monte Magnodeno. Una, invero piuttosto recente, è l’osceno nulla che avanza delle cave Vaiolo. L’altra invece, posizionata specchiata rispetto a queste lungo un’ideale linea nord/sud passante dalla Croce di Vetta, è uno scrigno di natura selvaggia. Il perduto storico Sentee dell’Arch vi si intrufola nelle sue estremità più occidentali, in un ideale perfetta prosecuzione della longilinea forma della Val Gallavesa.

DESCRIZIONE : Partenza da Erve, primo parcheggio al termine della breve ma spettacolare Provinciale 181 a picco sull’Orrido del Torrente Gallavesa. Incamminandosi sulla via principale del paese si assiste ad una sfilata di ponti, una moltitudine che incuriosisce ed allieta fino alla stretta rotatoria d’inversione di marcia al suo termine. Spettacolari scorci sui denti del Resegone fanno intanto capolino dai tetti delle case e dalle sue pendici boscose mentre da un muro d’una casa si schernisce “ul Gigiat” e tutte le paure senza nome che lo sviluppo ha solo accantonato.
Attraversato infine il corso d’acqua su d’un ponticello pedonale ad arco si segue la pista sterrata e cementata che fiancheggia le turistiche Pozze, meta di selvaggi assalti da parte di villeggianti.
Sfilando appresso ad isolate baite al di qua o al di là del torrente un’ombra s’impone all’orizzonte, una presenza angosciante che si arriva a definire solo una volta giunti alla bucolica radura di località Gnett. La Costa dell’Arch si eleva a testata della valle; una parete spumeggiante dove erba congiunge bosco a roccia. E’ ora d’un bel colloquio con la loquace materia senza voce.

Riattraversato il torrente ai piedi d’una baita ristoro si ignora volutamente il sentiero diretto alla capanna Alpinisti Monzesi in luogo della pista che si addentra nel prato. Ad un marcato tornante al cospetto d’un magnifico castagno si prosegue dritto addentrandosi di nuovo nella selva. La pista, diretta in breve al casello dell’acquedotto, ha soppiantato la vecchia mulattiera che si vede tristemente spuntare inghiottita dai rovi solo nei pressi d’una costa.
Alle spalle della costruzione di cemento, quella che s’intuisce esser stata una marcata storica traccia si alza di quota tra erba ed arbusti. Alcuni bolli rossi la accompagnano; lei però ha ben altro lignaggio e subito risoluta supera un ardito cornello tramite un intaglio roccioso. Con breve traverso raggiunge il fondo sassoso della Valle della Giumenta seguendola fedelmente per un poco, innalzandosi poi sulla più aperta Costa dell’Arch. Su d’un panoramico balcone su cui transita il filo d’un abbandonato palorcio si saluta la cieca marcata traccia che si dirige alla Val Buggiera per risalire poco intuitivamente la dorsale. Dopo un po’ i bolli torneranno a ripresentarsi suggerendo di mantenere la rotta della massima pendenza quando, nonostante tutto, la ricomparsa traccia punta misteriosamente di nuovo nella vallecola abbandonata poco sotto. Dopo un mesto poggio questa rasenta infatti su cengia una esposta scarpata rocciosa terminante in un pianoro dell’alveo. Non un segno mi corre in aiuto nella scelta della direzione da prendere. Chiusi gli occhi e lasciate ragionare le gambe risalgo un poco il pendio erboso e la strada si presenta da sé nelle inconfondibili fattezza d’un ajale. Percorrendo in salita un bosco di carpini altri due ripiani di carbonai confermano una rotta che, sempre più, sembra si stia però incuneando in un budello roccioso senza uscita.
Alcune provvidenziali roncolate indirizzano l’attenzione verso destra, su d’una tracciolina che di traverso risale una rampa terrosa al cui termine si trova una commovente selletta delimitata da due gendarmi di roccia. L’Arco figurativo alla cui inconscia ricerca mi son mosso oggi.

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Disceso sull’opposto versante un bosco appoggiato anticipa una dorsale erbosa secondaria che in breve tocca il buon sentiero ufficiale che dalla Croce del Magnodeno porta al sentiero Pra di Ratt.
Seguendolo un poco in piano verso occidente torno a calcare la costa dell’Arch sporcata da bolli rossi che, incoscienti, puntano di nuovo verso l’alto ma sparendo presto nel fine biondo paglione smosso del Magnodeno. Salendo per la massima pendenza rasento in traverso verso nord/est le prime propaggini della placconta scoprendovi una larga cengia.

Salendo liberamente il largo cono sommitale della Valle della Giumenta inciampo in una croce di ferro piantata nell’erba. Un antico raffinato gusto ha voluto le punte terminanti in petali di giglio sui quali resta ancora qualche pigmento di vernice rossa. La data che riporta le dà quasi cent’anni. Non si direbbe. Io che quest’anno compio tre secoli di vita continuo a salire ritrovandomi in cresta, esattamente all’uscita della larga cengia della Via della Guardia. Affacciandomi sul familiare baratro sotto ai miei piedi mi lascio accarezzare dal vento come se fossi tornato ragazzo e libero da mille pensieri.
La tentazione è forte oggi come allora ma non posso scappare da certe cose; mi rincorrerebbero in giro per il mondo saltandomi spietatamente addosso ogni notte. Non c’è agio che stia al pari d’un buon sonno ristoratore, carico di vividi sogni da acciuffare affannosamente una volta spalancati gli occhi.

Carta

VIE DI FUGA: Non presenti.
SUGGERIMENTI PER IL RITORNO: Discesa da Erve per la Cresta della Giumenta.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta INGENIA 1:10000 “VAL D’ERVE”

Itinerario riportato pedissequamente come da bollatura, ovvero lungo la Costa dell’Arch, senza la lunga deviazione sul fondo della Valle della Giumenta. Tratto grafico da “itinerario storico di possibile recupero”.

 

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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