Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T4/T5
Indicazioni : Assenti.
Bollatura : Assente.
Traccia : Mulattiera, sentiero, assente.
Tempo di percorrenza : ca 4 [h]
Dislivello positivo : ca 300 [m]
Periodo consigliato : Tardo autunno, Primavera.
Itinerario destinato ad avventurieri esperti. L’isolamento opprimente, il terreno complesso a tratti esposto, e le oggettive difficoltà di orientamento impongono esperienza nella lettura storica del territorio.
Disponibilità acqua : Vestreno.
Appoggi : Nessuno.
Data di stesura relazione : Primi anni venti.
DESCRIZIONE: Partenza da Vestreno; parcheggio del centro sportivo. Tornati verso Via Roma (ovvero verso l’originale sviluppo della carrabile SP67 del Cadorna) la si abbandona per scendere una rampa cementata di fronte a dei parcheggi. Proseguendo tra potenti scorci paesaggistici sul Muggio e sul Legnoncino, si giunge ad un osceno caseggiato incompiuto prima di un’antica casatorre (deliziosamente restaurata) presso la contrada della Selva. Qui, un vicolo scende senza nome fino a delle gradinate di marmo che sembrano portare solo in casa di qualcuno ma che, invece, menano ad un prato. Gli inerbati ciottoli del selciato della Strada per Gandé conducono ad un corso d’acqua strettamente irregimentato e, dopo i brevi, fatui, baloccamenti d’un percorso sensoriale adibito per gli ospiti di un B&B, lo storico sedime degrada sull’asfalto della SP67 finendo (apparentemente) nel nulla.
La lucente zincatura del guard rail nuovo di pacca mostra però due sgraziati segni verticali a vernice seguiti da due bande orizzontali tirate sull’asfalto nero di nuova stesura. Quale zona indicata per una “futura” interruzione della protezione degli automobilisti, l’occhio esperto la riconosce invece come il formale rispetto di un’antica servitù di passaggio e come segno del proseguo del cammino.
Scavalcato l’ostacolo, una traccia sorretta da muretto a secco passa al piede di un grosso castagno perdendosi in un piccolo prato. Tenendo la direzione, eccola ricomparire nel bosco per superare con il suo provato selciato il corso d’acqua della Valle del Buco del Cane. Spalleggiata da imponente muraglione, si affaccia su d’uno spaventoso baratro prima di scendere con ripidi gradini sorretti da muro a secco verso una vasta zona di schianti.
La luce che arriva dal cielo attiva atavici allarmi da bassa quota in me ma, provvidenzialmente aiutato da vecchi pesanti tagli e camminando spesso sotto un manto di rovi che oscura il sole, ritrovo la Via – che prontamente smette di traversare per cominciare finalmente a scendere.
Per meravigliose volte, gradinate e traversi tra i terrazzamenti, scende sinuosa fino a venir lambita sulla destra da un’impressionante frana distaccatasi dal precipizio lambito poco prima. Sicuramente, per qualche accertamento, qualcuno è sceso fino a qui e fin qui solo in quanto ora la mulattiera resta miseramente sepolta sotto una distesa di piante crollate e odiosi roveti. Deviando a sinistra nella maggior pulizia del bosco, un plurisecolare castagno – una pianta immensa, vecchia come i terrazzamenti che lo circondano – è distesa al suolo atterrata nella più esplicita delle immagini legate alla morte.
Affianco al suo corpo, una baita dal tetto ancora in piedi, apre, sulla sua verticale, a gradini che rompono le verticalità insuperabili dei terrazzamenti distesi paralleli alle linee di livello della carta che stringo in mano. Cadendo (quasi letteralmente, perché crollato) sul tetto di un gruppetto di tre fatiscenti cascinali, si riscopre la Strada sommersa da detriti e da ogni genere di marcescenza arborea. Di nuovo con Lei si scende ancora verso la nera sagoma di un massiccio cascinale sventrato e di un casolare che sfugge alle normali proporzioni del rustico gusto di questi luoghi.
Il Varrone canta piano da poco lontano, quasi non volesse svegliare qui, finalmente a Gandé, qualcosa di nascosto in questo alto fatiscente edificio che sfoggia una malcelata importanza nel lusso di stanze ancora intonacate di un’innaturale rosa.
La Strada infine, con pari lignaggio del suo avvio, scende al Torrente Varrone per venir dolcemente lavata via dai gorghi del tempo. Seduto qui su d’un sasso di questa placida (manco troppo erosa!) sezione del Grande Fiume, mi sento vivo – e i miei pensieri mi sembrano finanche familiari; persi come sempre tra passato, presente e futuro. Decido allora di aprire quella porta – la maledetta porta della casatorre di Gandé al terzo piano. Quella sospesa tra due nulla; ovvero tra la nuda parete a monte dell’edificio e lo sventrato collassato interno. Al suo Varco, sento chiaramente che l’Abbandono è la gratificazione ultima del tormentato amplesso della vita.
VIE DI FUGA: Assenti.
OSSERVAZIONI: al regale schiantato castagno, mappe alla mano, attraversando il fronte di frana si dovrebbero trovare altri ruderi di Gandé- ma il gioco non ne vale la candela.
SUGGERIMENTI PER IL RITORNO: Sui propri passi.
RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :
Zona rappresentata correttamente.
Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà MNR – Negri “Manara” Raffaele
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