Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T5
Indicazioni : Assenti.
Bollatura : Assente.
Traccia : Sentiero, assente.
Tempo di percorrenza : ca 3 [h]
Dislivello positivo : ca 600 [m]
Periodo consigliato : Tardo autunno, Primavera.
Itinerario per avventurieri dalla navigazione selettiva ed obbligata. Ambientazione e vegetazione oppressive.
Disponibilità acqua : Campo de Boi
Appoggi : Nessuno.
Data di stesura relazione : Primi anni venti.
DESCRIZIONE: Da “i Mort de Gaonc”, edicola votiva eretta a ricordo del lazzaretto eretto in località Gaoncia (raggiungibile preferibilmente con la Strada del Costaiolo – vedi relazione in merito) si prosegue in direzione sud tra i prati raggiungendo una mesta costruzione che il tratturo separa da un prato il quale seguo incunearsi nel bosco. Sono al Pra’ della Cassina, e di fronte a me ho un “monte cespuglioso in precipizio – detto Campo de Bovi – della Comunità Generale di Lecco”.
Rimontato il vertice del prato, appena entro il perimetro del bosco, un gabbione dal tetto di lamiera ricurva marcisce nell’ombra. Poco discoste, le mura dell’antico limite del prato lo cingono ed in piano invitano ad alzarsi verso destra. Lasciandole quasi subito, si sale invece nel bosco dove s’incontra un atterrato bordione d’un perduto palorcio che lambisce a sinistra obliati possenti tornanti. Con essi si guadagna quota lungo la lussureggiante costa d’erba alta, piante ed arbusti.
Una rampa prima del panoramico poggio da cui puntare all’uscita verso il sentiero 926, una flebile traccia d’ungulati ve ne si distacca verso destra. Al piede d’un roccione traversa in una depressione sfasciumosa da affrontare alti per finire come in una zona giaciglio di cervidi. Superando un’isolata corda ferrea di palorcio, la “cengia orlata” da avvio alle danze – ovvero a passi sospesi su linee di livello ammontonate e falsate nella percezione dal compatto vello d’arbusti che copre ogni cosa. Tra macchie d’erba su cui riprender fiato, mantenendo ferma la quota, supero un caratteristico rotto masso e su passaggio obbligato giungo a quella oscena e selvaggia valle della Corna Bianca, dalle labbra rocciose e sensualmente dischiuse, che segna così caratteristicamente questo angolo incontaminato di mondo.
Per me è già un successo esser qui, nel luogo che da ragazzino mi ipnotizzava nel letto dalla finestra, quando lo sguardo perso non voleva alzarsi per andare a scuola. Ora, tramite provvidenziale traccia ascendente, mi lascio alle spalle le sue verticalità per un magico poggio dove un’anziana rovere si pasce beata.
In piano, tra boschetti, si giunge ad un secondo rialto, vero pulpito sul vuoto, oltre il quale la traccia taglia la ripida parete prima e dopo una vallecola che precede un marcato ripiano boscato. Qui, abbandonando il cieco proseguo verso altri sterminati luoghi di fame e d’abbrutimento, si risale la costa erbosa fino a che una traccia non ne esegue il taglio verso destra su esposto passaggio di paglioni, sospeso sull’orrido vuoto affacciato sull’ottenebrante nulla famelico di cava Vaiolo. In piano verso nuova anonima vallecola, la si supera agevolmente e, su pendio più appoggiato, per vago sentore di traccia si sale liberamente fino alla luce. Poco più sotto, la Foppetta prelude all’agognato Passo.
Tre Vecchi Amici si sono alzati oggi dalla fossa comune di Gaoncia.
Alla fine del lungo cammino, carico di incertezze e meraviglie, hanno trovato Tre Croci.
VIE DI FUGA : Assenti.
CONSIDERAZIONI: Assolutamente impossibile la ripetizione in senso opposto.
SUGGERIMENTI PER IL RITORNO: Infinite le vie del ritorno.
RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :
Fogli IGM di fine ottocento e Mappe Teresiane
Zona rappresentata correttamente.
Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà MNR – Negri “Manara” Raffaele
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