STRADA DEGLI OTTO TRABUCCHI

Avolasio – Sella – Forcella d’Artavaggio

  • Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T3

Indicazioni : Assenti.

Bollatura : Assente.

Traccia : Mulattiera, sentiero.

  • Tempo di percorrenza : ca 4 [h]

  • Dislivello positivo : ca 600 [m]

  • Periodo consigliato : Tardo autunno, Primavera.

Itinerario destinato ad escursionisti in cerca di Storia e d’un pizzico d’Avventura.

  • Disponibilità acqua : Nessuna.

  • Appoggi : Nessuno.

  • Data di stesura relazione : Primi anni venti.

La Pace di Lodi, nel lontano 1454, pose fine a più di cinquant’anni di guerra e ad una plurisecolare storia di sopraffazione reciproca tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia. Ponendo questi due stati in condizione di pari forza, li costrinse alla tolleranza reciproca e alla collaborazione per la stesura di un confine condiviso. Proprio la definizione di una linea di separazione innescò però tre secoli di destabilizzanti scontri minori che si risolsero solo con il Trattato di Mantova del 1756 e con la successiva ventennale opera di posizionamento di ben 247 cippi di confine disposti tra la Chiusa sull’Adda fino al Pizzo dei Tre Signori. Una delle soluzioni riappacificatrici delle tante controversie locali fu la requisizione in Artavaggio - ai confinanti comuni di Moggio (Milano) e di Taleggio (Venezia) - di una longilinea fascia di terra – larga otto trabucchi milanesi (circa venti metri odierni) – per connettere il territorio di Vedeseta (milanese, ma autonomo già dai tempi degli statuti speciali nel medioevo) con le aree di monticazione - Alpe Concoli e CuloFreddo – di sua pertinenza in Valtorta. Questo corridoio nacque con la semplice funzione di Strada per la transumanza dei bovini di Vedeseta affinché, nel loro percorso (delimitato da ben 18 coppie di pietre limite) verso gli alpeggi, non calpestassero ne brucassero erba straniera. Oggi, di questa diplomatica Strada Divisoria, abbandonata presto con la dominazione austriaca del Regno Lombardo Veneto seguita al travaglio napoleonico, non resta più memoria collettiva; il tutto nonostante la bizzarra forma ad occhiale del comune di Vedeseta faccia sorgere curiosità in merito. Di essa, ovviamente, non resta più manco il monito di quanto istupidisca e si esacerbi l’agire dell’uomo quando le “ragioni più alte” di dio e dello stato elevano a umana follia il suo bestiale istintivo sentire.

La Pace di Lodi, nel lontano 1454, pose fine a più di cinquant’anni di guerra e ad una plurisecolare storia di sopraffazione reciproca tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia. Ponendo questi due stati in condizione di pari forza, li costrinse alla tolleranza reciproca e alla collaborazione per la stesura di un confine condiviso. Proprio la definizione di una linea di separazione innescò però tre secoli di destabilizzanti scontri minori che si risolsero solo con il Trattato di Mantova del 1756 e con la successiva ventennale opera di posizionamento di ben 247 cippi di confine disposti tra la Chiusa sull’Adda fino al Pizzo dei Tre Signori. Una delle soluzioni riappacificatrici delle tante controversie locali fu la requisizione in Artavaggio - ai confinanti comuni di Moggio (Milano) e di Taleggio (Venezia) - di una longilinea fascia di terra – larga otto trabucchi milanesi (circa venti metri odierni) – per connettere il territorio di Vedeseta (milanese, ma autonomo già dai tempi degli statuti speciali nel medioevo) con le aree di monticazione - Alpe Concoli e CuloFreddo – di sua pertinenza in Valtorta. Questo corridoio nacque con la semplice funzione di Strada per la transumanza dei bovini di Vedeseta affinché, nel loro percorso (delimitato da ben 18 coppie di pietre limite) verso gli alpeggi, non calpestassero ne brucassero erba straniera. Oggi, di questa diplomatica Strada Divisoria, abbandonata presto con la dominazione austriaca del Regno Lombardo Veneto seguita al travaglio napoleonico, non resta più memoria collettiva; il tutto nonostante la bizzarra forma ad occhiale del comune di Vedeseta faccia sorgere curiosità in merito. Di essa, ovviamente, non resta più manco il monito di quanto istupidisca e si esacerbi l’agire dell’uomo quando le “ragioni più alte” di dio e dello stato elevano a umana follia il suo bestiale istintivo sentire.

DESCRIZIONE: Partenza da Avolasio, frazione di Vedeseta – parcheggio della Casa Alpina nei pressi della chiesetta della Madonna della Neve. Presa la pista silvo pastorale che parte ad est dell’abitato (e con essa l’inutile optional del segnavia 151) si giunge ad un bel lavatoio a tetto. Ai suoi piedei, verso sinistra, la perduta mulattiera per Avolasio fagocitata dal verde e, verso destra, l’imboscato inizio della vecchia mulattiera per Vedeseta suggeriscono già molto. Infatti, continuando a salire, si scopre la pista ricalcare in toto la Via per i monti con insopportabili tirate di cemento. Subito alla prima di esse però, avanzi di mura attraggono la mia attenzione sulla destra; ecco la frazione di Giambello (ai tempi del LV non meno grande della stessa Avolasio) intuibile a mala pena quale immenso ammasso di masserizie celate alla vista da una distesa di rovi. Salendo lungamente e tristemente senza Storia, finalmente, ad un antico fontanile, la ritrovata mulattiera selciata offre un bivio. Tenedo a man sinistra, un breve, straziante, tratto acciottolato residuo porta alla maestosità fatiscente di Prato Giugno. Inutile giungervi nel mese del suo nome, sotto il cielo turchino delle vesti smeraldo della Primavera che volgono alla pienezza dell’Estate. Tra l’abbandono di questo luogo sento sulle spalle un pesante mantello di lana zuppo di pioggia che non mi riscalda dalle fredde brume lattiginose che escono da neri vuoti antri.

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Su pista, (di nuovo!, ma sterrata) si supera l’isolato cascinale di Medile sfilando alla destra di Rotandola di Mezzo (crocina in legno in loco) – entrambi immobili ben restaurati. In traverso ascendente si supera la baita di Riva Maffe a valle della carreggiata per poi, al vicino tornante, abbandonare l’obbligato unico proseguo per deviare in direzione nord su tratturo secondario. Lasciando bassa la deviazione del Cantello, sempre dentro in piano nella Valle di Bordesigli(o), si giunge al rustico complesso di Vedrusio, dalla stalla ancora in piedi ma già sinistramente lambito dal bosco.

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Oltre, un isolato rustico cascinale anticipa la confusione di molte tracce di mezzi che, meraviglia, miracolosamente schiudono alla Vecchia Via per la Sella. Un muro a secco ed un orlo di massi ammontonati aprono alle vellose pendici occidentali della morbida Cima di Tona. Ad un flebile bivio si procede in piano (in basso si scenderebbe fino alla Riva dei Pegheri) finendo su fianchi devastati da avidi tagli boschivi che han reso il percorso di secoli di transumanza niente più che una fangosa traccia di selvatici. Ad una costa rocciosa però, questa si rinfranca finendo ala base del muro a secco delimitante a valle i prati della vicina Sella. Su pista si rimontano (per solite incamminabili tirate) prati punteggiati di baite e belle faggete fino ad un’apertura della dorsale che apre a destra ai Prati dol Taje. Ignoratala, si procede fino alla località Crocetta al piede dello Zucchetto di Maesimo dove ha avvio la Strada degli Otto Trabucchi.

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Su panoramico sterrato si procede fino al tornante che, invertita la direzione, porta alla sella a settentrione di Maesimo dove pure confluisce la pista proveniente dalla SP64 poco sotto la Culmine. Proseguendo tangenti si sbuca ad una vicina pozza per l’abbeverata (recinzione in legno) che si lascia a man destra per rimontare (filare di grossi faggi) la costa di sinistra segnata da ennesimo inutile tratturo. Lasciandolo al suo destino per tenere invece rigorosamente la direttrice del nord, si traversa su traccia aperta nel conoide vallivo del ramo settentrionale della Valle dei Baitoni guadagnando una radura ed una pittoresca sella (sassi disposti) a Sud Est della Q.ta 1637 [IGM]. Mantendo la rotta, si ritrova la Via, stretta tra un rivo (ramo della Valle dello Zucco) ed una ruspata, mostrare un importante sedime inciso nel morbido terreno di corna marcia che sorregge una radura. Rimontando un poco Q.ta 1681 [IGM] si finisce inevitabilmente su d’un “didattico” percorso per bambini; premessa dell’ingrato finale d’una agognata vista su Artavaggio dalla sua Forcella ingombrata dall’oscena presenza dell’Albergo degli Sciatori.
La Strada degli Otto Trabucchi termina un poco più avanti, in località Piazza Negra (desueto toponimo antico) dove un alto Termine di confine segna una decisa apertura verso oriente del territorio di Vedeseta, ormai sotto alla Pianca Bella (cresta sud occidentale) del Sodadura.

Qui ed ora, sento come non mai il fratricida conflitto dei nostri giorni; non più Milano o Venezia, ma abbandono o sfruttamento rapace. Tra uomini senza patria, stranieri su questa Bella Terra, io invoco inascoltato la pace nascosta in un equilibrio perduto.

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VIE DI FUGA: Non necessarie.
OSSERVAZIONI:
– Al bivio della fontana sotto Prato Giugno, tenendo a destra si sale per imboscata mulattiera alla località Pascolo. Poi, in effetti come semplice scorciatoia al tortuoso agro-silvo-banale percorso 151, si può rimontare la pista in localtà Cantello Alto – direttamente da destra oppure, da sinistra, passando dal privatizzato giardino di Rotandola.
– Sullo Zucchetto di Maesimo, un macigno mostra un’antica freccia incisa indicante la lineare direzione della Strada degli Otto Trabucchi.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Mappe ottocentesche del regno Lombardo Veneto – Carta IGM 1:25000
Zona rappresentata correttamente. 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI :

  • Giuseppe Pesenti, Franco Carminati : “Valle Brembana antica terra di frontiera”
Opera illuminante, vero esempio di ricerca storica e di amore per la Propria Terra.

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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