SENTIERO CADORNA – DOL e ALTA VIA

Premana – Bocchetta di Stavello - Bocchetta di Colombana – Bocchetta di Trona

  • Difficoltà :

Avvicinamento e ritorno : Percorso Escursionistico T2+

Indicazioni : Buone;

Bollatura : Datata;

Traccia : Pista, mulattiera militare

Sentiero Cadorna: Percorso per Escursionisti Esperti T4+

Indicazioni : Praticamente assenti;

Bollatura : Datata ed inaffidabile

Traccia : Assente – labile – marcata

  • Tempo di salita : ca 4[h] alla Bocchetta di Stavello – ca 4 [h] il Sentiero Cadorna

  • Dislivello positivo : ca 1600 [m]

  • Periodo consigliato : Luglio ÷ Ottobre

Un tempo ben marcato, il Sentiero Cadorna è stato riconquistato in maniera preponderante (ed in parte anche completamente) dalla Natura. La visibilità è fondamentale in quanto spesso si procede su labile traccia o liberamente. I molti punti franati, il terreno infimo e l’esposizione continua suggeriscono condizioni d’asciutto. Obbligate inoltre ripetizioni a stagione inoltrata per permettere un completo sgombero della neve dai delicati canali del Mellasc.

  • Disponibilità acqua : Alpe Fraina e Bocchetta di Stavello.

  • Appoggi : rifugio Casera Vecchia di Varrone

  • Data di stesura relazione: primi anni venti.

Con sentiero Cadorna (o Cadorna Alto) ci si riferisce al militare camminamento pedonale a collegamento delle tre bocchette fortificate di Stavello, Colombana e Trona. Marchiato con i colori dell’Alta Via della Valsassina o della Dorsale Orobica Lecchese, è un itinerario unico; storico e selvaggio insieme. L’esplicito avvertimento di bellezza, ma anche di pericolosità e difficoltà, che porta con sé risiede proprio nei nomi delle due autentiche certezze d’Avventura che se lo contendono.

Con sentiero Cadorna (o Cadorna Alto) ci si riferisce al militare camminamento pedonale a collegamento delle tre bocchette fortificate di Stavello, Colombana e Trona. Marchiato con i colori dell’Alta Via della Valsassina o della Dorsale Orobica Lecchese, è un itinerario unico; storico e selvaggio insieme. L’esplicito avvertimento di bellezza, ma anche di pericolosità e difficoltà, che porta con sé risiede proprio nei nomi delle due autentiche certezze d’Avventura che se lo contendono.

DESCRIZIONE : Partenza dalla zona industriale di Premana (parcheggio).  Si prosegue attraversando il torrente Varrone su un pittoresco ponte ad arco seguendo poi la pista sterrata fino all’alpe Gebbio; dopo aver superato l’omonimo agriturismo ed un nuovo ponte. Lì si abbandona la pista per una mulattiera, bretella di collegamento per le baite di Prodaccia, per raggiungere l’analoga sorella che dal centro di Premana (minore possibilità di parcheggio, solo festivo) porta all’alpe di Fraina verso il quale si è diretti. Superato l’istinto di fermarsi ammaliati alla graduale schiusa del fascino senza tempo dell’Alpe Fraina, si prosegue verso la testata della valle. In prossimità di un fontanile si lascia sulla destra la mulattiera militare diretta alla Bocchetta di Colombana/Larec prendendo a sinistra per la Bocchetta di Stavello. Oltrepassato il torrente, un tratto piano, sormontato da un enorme muro di sassi a secco, consente di approdare su di un ameno prato. Qui la mulattiera si perde ma è facile ritrovarla poco più a monte, rinfrancata dalla soave compagnia del bosco a quest’altezza già rado. Su larga traccia, parte l’interminabile processione di tornanti che inizialmente consentono di raggiungere con un paio di volteggi un pregevole poggio panoramico. La danza prosegue e transitando ai piedi della Baita Salavar si entra sul fianco della sinistra orografica dell’omonima sua valle. La salita prosegue, costante ed inclemente, facendo perdere la cognizione del tempo. Gli occhi hanno abbondanza di tempo e di modo per frugare tutt’attorno, alla ricerca di dettaglio e di superbe vedute d’insieme sotto l’imponente figura del Monte Rotondo.

La mulattiera è in larga parte poco più d’un sentiero ma, soprattutto in corrispondenza dei tornati, si scoprono le vestigia d’un’obliata antica grandezza. Muri a secco perfettamente sagomati assecondano e sostengono le armoniche curve dei tornanti. Sotto l’erba si notano pietre d’angolo stondate a mano; una cura realizzativa che neanche i tanti anni d’abbandono riescono a far dimenticare. Questa (come le sorelle sul Legnone e per la bocchetta di Colombana) sono mulattiere che fanno riflettere, e di tempo per farlo sui loro lunghi traversi ce n’è. Esse sono a tutti gli effetti un’immensa opera umana realizzata sotto le peggiori intenzioni. Ideate e costruite in fretta dal genio militare italiano per fortificare le Orobie Occidentali, sarebbero dovute essere l’ultimo strenuo baluardo a difesa di Milano in un’ottica di possibile invasione da nord in quella che sarebbe poi passata alla Storia come la più stupida e sanguinosa delle guerre dell’uomo. A tanti anni di distanza, con le tasche piene del senno di poi, non sono affatto uno scempio ambientale d’un secolo fa, anzi! Rappresentano il chiaro esempio di come l’uomo, con l’opera faticosa delle sue mani e con lo stato dell’arte della sua saggezza, può concedersi d’esser artefice d’ogni cosa. Materiali locali, maestria realizzativa assoluta ed un profondo rispetto dell’ambiente e del contesto d’inserimento le pongono anni luce avanti rispetto a qualsiasi opera umana contemporanea. Opere troppo spesso assenti d’ambizione e lungimiranza perché univocamente votate a grette logiche economiche ed avvelenate da un’autentica mancanza d’Amore e di Visione.

Il giungere dell’ultimo tornate, arroccato sull’affilata cresta sud orientale della Quota 2353 (Anticima del Monte Colombana o Cima di Stavello), è chiaro; il più lungo tra tutti i traversi ci separa dalla Bocchetta di Stavello. La si potrà però solo accarezzare con lo sguardo. Infatti, pochi metri più avanti dall’ultimo tornante, il più malconcio e ritorto palo segnavia che io conosca ci attende. Una palina spezzata indica, ben poco convincentemente, di salire alcuni ripidi gradini a monte e fuori dall’alveo della ormai familiare mulattiera. Il Sentiero suggerito porta il nome di Cadorna. I colori sono quelli dell’Alta Via. Si va in (bocchetta di) Colombana!

Il nome della prima meta intermedia è un presagio. Vero come capita di rado. Rimontata brevemente la medesima cresta dell’ultimo tornante della mulattiera siamo infatti costretti a fronteggiare ciò che, pochi metri più sotto, abbiamo fastidiosamente solo sfiorato con lo sguardo dalla comoda e sicura carreggiata. Un’impressionante fuga verso il basso d’ogni materia; questa è la spaventosa rappresentazione d’un tripudio di verticalità. I fianchi delle creste sud e sud- est della Quota 2353 s’incontrano in un orrido canale oscenamente tronco sopra le nostre teste. Una vertigine di rocce e magra erba, impensabile ad attraversarsi a meno d’un minuto ma marcato intaglio che la segna come un traballante sorriso. Su di esso, l’immaginarsi camminare pare un volare come di colomba sulle burrascose immense distese del diluvio universale.

Il passaggio è però abbastanza agevole e ricavato nitidamente nella viva roccia; roccia dove hanno trovato ancoraggio anche alcuni tratti di catena. In un autentico battito d’ali si è già immensamente lontano dalla mulattiera e dalla vecchia vita. Altrettanto velocemente anche questo capitolo viene chiuso voltata l’affilata spina della cresta sud di Quota 2353. Si è appena sbarcati sulle soleggiate ripide rive della parete meridionale del Monte Colombana. L’incommensurabile dote che portano con sé è la vivida esplosione di quello spettacolo imponente che è l’alta testata della Val Fraina.

Cime considerate minori, ma non quando si devono inanellare misurati e devoti passi sui loro fianchi. La sorda vibrazione della loro autorevolezza è l’insopportabile concretezza della materia di cui sono costituite. Una lunga cicatrice, a perdita d’occhio davanti a noi continua a segnarle sempre meno nitidamente, quasi fossimo già chiamati a calcare i lembi finali posti all’uscita dell’antico taglio. Un buon sentiero scende gradualmente in lunga traversata verso est diretti ai canali di Valbone, precipiti direttamente dalla cima del Monte Colombana. Raggiunta l’altra sponda idrografica ci si ritrova in alcuni verdi prati che celano i resti di un collassato baitello. Qui il proseguo risulta difficile da intuire se non avessimo avuto il colpo d’occhio di poco prima. Si traversa quindi verso sud raggiungendo in salita il filo della cresta ovest di quota 2325 su traccia aperta nella vegetazione. Il superarlo, apre ad un nuovo e più sgombro traverso dove il sentiero si fa stretto ed esposto. Si supera un delicato ed infimo tratto franato e su flebile e dissestata traccia si raggiunge il fondo d’un nuovo canale. L’ombrosa parete settentrionale della Cima Fraina ci accoglie con l’invadente suo abbraccio di boschetti d’ontano. Un lungo traverso ed alcune ripide serpentine e si riguadagna il sole oltre la cresta occidentale di Cima Fraina. La traccia qui si perde tra gli sfasciumi e la magra erba della ripida parete meridionale ma il riferimento visivo dell’ormai prossima mulattiera militare è inequivocabile. Su di essa ci si immette all’ultimo tornante, prima del largo verde spiazzo della Bocchetta di Colombana dove, a destra d’una larga chiazza di sfasciumi e rocce, si notano i resti di una caserma. Innegabile è ora il piacere d’una visita alla vicina Cima; pulpito panoramico impagabile sulle vicine sorelle e sulle Valli Fraina e Vedrano.

Il proseguo del Sentiero Cadorna riprende un tornante più sotto rispetto a quello che abbiamo prima raggiunto. Un’angusta traccia vi si stacca per rinnovare la traversata sulle pendici settentrionali del Pizzo Cassera. Con essa si superano alcuni umidi canalini sotto il suo occhio vigile ed avendo per faro il triangolo perfetto del Pizzo di Larec. Ormai prossimi al raggiungimento della sinuosa linea che li congiunge, un suggestivo passaggio intagliato nella viva roccia allieta il cammino. La vista sul Monte Rotondo e sulla Quota 2353 che abbiamo lungamente attraversato è impressionante.

Alcuni passaggi su roccette, serviti da catene passamano, permettono finalmente di raggiungere le morbide verdi onde dei pendii meridionali del Cassera prima che queste diventino i mari in tempesta del Mellasc. E’ decisamente un altro mondo; l’Alta Via della Valsassina scende a valle verso il rifugio Casera Vecchia di Varrone, siamo ora sulla Dorsale Orobica Lecchese e la Bocchetta di Trona, nascosta delle lontane repellenti propaggini del Mellasc ed immaginata là dove spuntano gli arcigni violenti becchi dei Pizzi Trona e Varrone, appare più lontana e remota che mai. Si sale solo un poco sul filo ed un pannello metallico, dipinto a mano e semi nascosto dai lembi erbosi della cresta, si fa ambasciatore portando subito notizie a suo riguardo. Una flebile e quasi impercettibile traccia ai suoi piedi punta ad oriente perdendosi solo poco più avanti negli infiniti sentieramenti di antico pascolo. Il rifugio Falc paventato dal cartello è un’immagine così poco afferrabile qui che risulta quasi altrettanto poco credibile.

La tentazione di raggiungere la bella vicina facile croce del Cassera o di scendere comunque valentemente verso valle è irresistibile. Il tratto più lungo e difficile del Sentiero Cadorna manca però ancora all’appello. Se non ci fosse stata la possibilità di seguire questa sinuosa cresta verso monte o verso valle sarebbe stato forse più facile. Ora è il momento di rinnovare un voto, è il momento di riattraversare il Varco. La vita è il continuo superamento di se stessa e il Sentiero Cadorna sembra rinfacciarcelo spudoratamente. O mi segui fino in fondo o non tornerai davvero a casa. Solo l’allenamento spietato, la viva esperienza ed una profonda conoscenza di sé possono distaccarsi da questo richiamo per scegliere qui, adesso, un atto di coraggio che non sia sconsiderata irresponsabilità.

La musica è partita, si comincia a ballare. L’inizio è soave, un lungo morbido traverso verso una prima butterata larga costa, ma un presagio di crescendo già s’intuisce. Oltre di essa si raggiunge un largo canale e, se non ci fosse un misero omino di sassi sulla successiva e più marcata cresta, si stenterebbe ad avere certezza su quale vaga striscia a terra seguire. Oltre, una marcata larga ombra di passaggio invasa di magro fieno, suggerisce un antico largo e comodo passaggio. Qui, e poi in poche altre occasioni più avanti, il Cadorna è stato risparmiato dalla lenta ed inesorabile opera di piallatura della Natura che l’ha intaccato profondamente riducendolo, nei migliore dei casi, ad una semplice successione di chiari ma incerti passi sospesi su sfuggenti baratri. L’aiuto fornito però dalla sua compagnia nella traversata della larga e dirupata parete meridionale del Mellasc è fondamentale.

Nel proseguire ci si ritrova infatti già quasi subito a non più procedere su larga e piana traccia. Su di un inclinato franato sentiero, segnato a tratto fine sui ripidi fianchi del Mellasc, si raggiunge in discesa un canalino secondario e la sua opposta tonda costa la quale avvia al raggiungimento del fondo ingombro di sfasciumi del canale principale, posto proprio a perpendicolo di vetta. Da esso se ne esce ritrovando la chiara e buona traccia che in falsopiano se ne allontana sul verticale fianco opposto con il proposito d’aggirare la cresta Sud nel suo largo cono basale. La navigazione in questo tratto è molto delicata ma il proseguire a quota costante permette di ritrovare la traccia per attaccare un delicato nuovo canale. Oltre, di nuovo, vaghe tracce, altre larghe coste ed altrettanti esposti canali fanno perdere la misura di tempo e distanze. Il Mellasc sul Sentiero Cadorna è la viva impressione d’una prigione senza confini in una natura incontaminata.

Il gran finale è pronto. Girata un’ultima marcata pagina ci si ritrova sopra agli ultimi tornanti della pista che da Premana sale in Trona. L’ultimo dei marcati tratti sparisce letteralmente nel nulla. L’aria nota si sospende per un’ultima cacofonia di verticalità e materia sfuggente. I denti si stringono sulla volontà d’uscirne e, tra una delicatezza ed un atto di forza, si ritrova la flebile e ballerina traccia che, tra corna e canali, porta alla Bocchetta di Trona dove ci attende dolcissima la strada di casa.

Il sentiero Cadorna e la Dorsale Orobica Lecchese terminano qui. O meglio, qui, alla Bocchetta di Trona, la DOL, così come per l’Alta Via al rifugio Casera Vecchia di Varrone, termina d’esser riconosciuta come tale perdendosi in una miriade di itinerari minori. Il sentiero Cadorna risulta oggi essere solo un obliato e compromesso itinerario di guerra ripercorribile solo da chi è in pace con se stesso.

CartaFIL

VIE DI FUGA : Nessuna. Il Sentiero Cadorna non lo si lascia a meno di incontrare le mulattiere di servizio alle Bocchette o sulla cresta tra i Pizzi Cassera e Larec (vedi relazione “CRESTA DEI PIZZI”).

CONSIDERAZIONI :

  • L’Alta Via della Valsassina e la Dorsale Orobica Lecchese sono gli itinerari per eccellenza delle Orobie Occidentali. Tracciando da nuovo o ricalcando più noti sentieri, essa definiscono due ideali e nobili fili conduttori tra tutte le più significative cime della zona. Nelle zone attraversate maggiormente frequentate i loro nomi sono ormai dimenticati, persi in una miriade di itinerari minori a servizio di cime e località fini a sé stesse. Dove invece essa hanno aperto magnifiche Vie in quota (tra il Monte Legnone e Monte Rotondo per l’Alta Via – dall’Alpe Deleguaggio ad Agrogno per la DOL) o dove ha ricalcato il sentiero Cadorna i loro nomi sono contornati da un’aura di avventura ed ignoto. In entrambi i casi, questo lunghissimo e selvaggio tratto, le difficoltà oggettive, la totale mancanza di “prossimi” punti di appoggio e di rifornimento d’acqua, l’isolamento oppressivo e l’impossibile logistica a contorno ne han decretato il definitivo abbandono (sia da parte degli enti addetti alla manutenzione, sia degli “amanti” della montagna) con il conseguente inasprimento delle difficoltà di navigazione e di percorrenza. Lo stesso rivivere questo magnifico tratto è un atto di fede.

  • Questo medesimo percorso, effettuato in senso inverso, pone il tratto più ostico, quello del Cadorna al Mellasc nei pressi di Trona, ad inizio traversata. Se questo è un innegabile pregio si perde però al contempo il vantaggio di una lettura dall’alto del percorso rendendo tale tratto ancora più difficile e selettivo di quello che già è.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”

Sentiero Cadorna e mulattiere di servizio rappresentate. Peccato che il Cadorna non sia più un buon sentiero come invece riportato.

RIFERIMENTI BIBLIORAFICI :

  • Ivo Mozzanica : “ ALTA VIA DELLA VALSASSINA ”

Un tempo fresca di ideazione e di tracciatura, la guida ufficiale dell’Alta Via della Valsassina, risulta ora solo poco più che una anacronistica e pericolosamente fuorviante brochure pubblicitaria. Le scarne descrizioni, unite a riferimenti non più attuali riguardo ai vitali punti di appoggio (bivacco al Lago di Deleguaggio, bivacco di Taeggio), fanno di questo libro il perfetto cattivo consigliere a cui affidarsi per avvicinare un Avventura come questa.

  • Ivo Mozzanica : “ ITINERARI IN VALSASSINA E IN VALVARRONE ”

Descrizioni superficiali ed anacronistiche. Il Cadorna al Mellasc supera con andamento pianeggiante alcuni valloncelli fino alla bocchetta di Trona.

  • HIKR.org : “ SENTIERO CADORNA ” di cai56

Ottima e sincera relazione del Sentiero Cadorna: “il Sentiero è definitivamente abbandonato; sopravvive a malapena e con poca frequentazione il tratto in comune con l’Alta Via della Valsassina” – per quanto riguarda il tratto sul Mellasc essa “sconsiglia il passaggio: nessuna particolare difficoltà tecnica, ma progressione attraverso pendii ripidissimi con appoggi/appigli su ciuffi d’erba e pietrame instabile, dove non sono ammessi errori o incertezze. Fatto curioso, si incontrano ancora un paio di segnali a vernice della DOL”

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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