RESINELLI DA BALLABIO - VECCHIA STRADA e STRADA FERRATA

Ballabio – Coeulla - Sosta Cassinelli – La Cudega – Piani Resinelli

  • Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T3/T4

Indicazioni : Assenti.

Bollatura : Assente.

Traccia : Mulattiera, sentiero, traccia, assente.

  • Tempo di percorrenza : ca 4 [h] comprensive di discesa.

  • Dislivello positivo : ca 600 [m]

  • Periodo consigliato : Tardo autunno.

Itinerario breve ma intenso, destinato ad Avventurieri sinceramente appassionati di ricerca storica ed antropologica. La progressione, mai tecnica, è però intralciata da una navigazione frammentaria e frustrante, quindi complessa, sempre segnata da vegetazione opprimente.

  • Disponibilità acqua : Nessuna.

  • Appoggi : Strada carrozzabile.

  • Data di stesura relazione : Primi anni venti.

Qual era un tempo la Via principale d’accesso (lato Lecco/Ballabio) ai Piani Resinelli prima della costruzione della carrozzabile nel 1936? Ogni sentiero pervenuto a noi oggi risulta mancante, per un aspetto o per l’altro, nel soddisfare questa semplice ma impertinente domanda. Anche la buona mulattiera per Mazzacca, presa da Ballabio Inferiore e giuntata con l’originale tracciato della CostaDorna, non trova supporto grafico nella cartografia e nel catasto. La risposta parte invece da Ballabio Superiore per finire (oggi) sulla Strada Ferrata delle miniere; una risposta che è ora un sussurro inaudibile perché sovrastata dallo strepito obbligato mono direzionale della strada carrozzabile. Una risposta che è pure altresì strozzata da quella parola “Resinelli” - usata (con successo dagli anni 30) per dare un nome ed una destinazione univoca a quella “portentosa” strada – che ha appiattito (ed appetito) un cosmo di storie e di località altrimenti difficilmente digeribili dal delicato stomaco del turista di ogni epoca.

Qual era un tempo la Via principale d’accesso (lato Lecco/Ballabio) ai Piani Resinelli prima della costruzione della carrozzabile nel 1936? Ogni sentiero pervenuto a noi oggi risulta mancante, per un aspetto o per l’altro, nel soddisfare questa semplice ma impertinente domanda. Anche la buona mulattiera per Mazzacca, presa da Ballabio Inferiore e giuntata con l’originale tracciato della CostaDorna, non trova supporto grafico nella cartografia e nel catasto. La risposta parte invece da Ballabio Superiore per finire (oggi) sulla Strada Ferrata delle miniere; una risposta che è ora un sussurro inaudibile perché sovrastata dallo strepito obbligato mono direzionale della strada carrozzabile. Una risposta che è pure altresì strozzata da quella parola “Resinelli” - usata (con successo dagli anni 30) per dare un nome ed una destinazione univoca a quella “portentosa” strada – che ha appiattito (ed appetito) un cosmo di storie e di località altrimenti difficilmente digeribili dal delicato stomaco del turista di ogni epoca.

DESCRIZIONE: Partenza da Ballabio, parcheggio del cimitero in Via Leonardo Da Vinci. Risalendo lungo Via Fiume, dopo alcune case, un nastro pedonale sulla sinistra aiuta a rimontare sulla Ballabio – Resinelli, ovvero per ora solo su quella Via Confalonieri che si segue fino al parcheggio della smantellata “Stanga”. A sinistra del caseggiato ad “U” sotto l’area di sosta, rasente l’edificio e stretta addosso ad un vetusto muro di sassi, parte, dimenticata da tutto e da tutti, la Vecchia Strada; quel “Sentiero della Gesuola” diretto a quell’infinito variopinto mosaico alpestre ai piedi del Monte di Campione (o Grignetta/Grigna Meridionale che sia).

Pochi metri di inerbato acciottolato s’incuneano in un’oscura breve scalinata di sasso che adduce rapidissimamente all’asfalto di Via Resinelli sotto alla salitina d’accesso al civico n°8. L’occhio attento noterà che il muretto a monte della rampa mostra un’apertura; la Via passa(va) da lì continuando ora solo nella trascuratezza assoluta tra la siepe confinale dell’abitazione ed una roccia a monte tenuta a bada da una rete metallica. Ad una radura ingombra d’arbusti, un bivio deviava un tempo a sinistra verso la Portola e le Cascine Corgnola in direzione Costadorna mentre oggi non resta che salire vagamente sui vecchi segni sbiaditi d’una larga ruspata fino al fondo sterrato di Via Cesura. Qui, ancora si nota l’originale percorso della mulattiera serpeggiare su un lembo di bosco tra le villette a sinistra (con ululanti cani d’ordinanza) ed il prato a destra posto al di sotto del secondo tornante della carrozzabile. Un ultimo brandello d’acciottolato residuo fa commuovere presto il cuore ed al contempo stringere forte i pugni.

Nell’intraprendere il proseguo, raggiunta la carrozzabile ed attraversatala di nuovo si sale su quella che sembra una via privata per il civico 11. In realtà una gradinata permette di salire su d’una franata rampa terrosa e di risbucare sull’asfalto del traverso sopra quello appena abbandonato. Il successivo brandello di Vecchia Strada è completamente inghiottito dal malo bosco dietro al civico 38; meglio riprenderla al secondo tornante di Via Valgrande su d’una sciatta scalinata che sembra preannunciare solo un ulteriore misero proseguo.

Meschinamente (altro aggettivo non renderebbe) si sale lentamente tra rovi e rami in faccia. Rasentando ossessive reti di civilissime villette (dalle incivilissime siepi che arrivano spesso ad ostruire completamente il cammino) mi sento un ladro di galline tenuto d’occhio da uno schiumoso cane da guardia dopo l’altro. Ritrovando, ad ogni tornante a man sinistra di Via Valgrande, l’asfalto che ha portato qui tutto questo ammontonato guazzabuglio di cacofonici stili architettonici – la tentazione di mandare tutto e tutti a fare in culo è potente. Eppure, nel continuare a maledire me stesso e il mio prossimo (sia pure per motivi differenti), cerco di non lasciar vincere la frustrazione immaginandomi qui i prativi della Coeulla punteggiati dalle cascine (classiche e ben distanziate!) di Figioeu e della Foppa.
Finalmente, come una grazia insperata, il sentiero devia verso sud nella libera faggeta ed io torno a respirare su alcuni maestosi (imboscati) tornati impressi nel suolo che mi portano all’immissione (accompagnata da maggior pulizia) d’un sentierino proveniente dalla fine di Via Valgrande. La Vecchia Strada procede ora (quasi) come ai vecchi tempi; orlata di sasso e con magnifiche vedute (invernali) sull’intaglio d’inizio Valsassina ai piedi del Dito Dones.

La Vecchia Strada si perde ora alle villette d’una viuzza cieca (Via Chiesuola) distaccantisi a valle del traverso tra il settimo e l’ottavo tornante della carrozzabile. Siamo alle (ex) cascine della Gesuola – poste a metà strada tra Ballabio ed il Piano – che prendono il nome dalla leggenda che voleva in loco un piccolo cimitero.
Al limitare del bosco, a sinistra, un sentierino (fettucce di stoffa) sale ad una (ennesima) pista Silvo pastorale abbandonata (che diparte dal decimo tornante verso la Val Grande. Questi poi risalie ancora alla pista che si stacca, parallela a quella di prima, dal dodicesimo e che ricalca in parte un tratto di Strada Ferrata di servizio alle miniere di galena attrezzate (ma mai aperte al pubblico) del “Cavallo”. La Vecchia Strada ricalcava invece un perduto tratto verso la Costa Adorna – inizio rintracciabile a mala pena da una mesta scala di sasso che dal bitume (poco prima dell’ottavo tornante) si alza nel bosco in direzione Camparegia. Il sentiero originale della Costa Adorna (quello incassato tra muretti a terra – non lo squallido paltoso sentierino che si percorre adesso dopo la devastazione del gasdotto o per non venir impallinati dai capanni) accoglie maestosamente il viaggiatore nel tempo preparandolo all’incontro con la Strada Ferrata dai binari (spariti in toto) dei carrelli da miniera.
Seguendo il segnavia 71 di Costa Adorna per un poco e lasciatolo sfilare verso il tredicesimo tornate, sul bosco di sinistra si scova un traccia che porta ad una ramata la quale, scavalcata, apre al panoramico prato sotto la villa del civico 39 – luogo felice dove tutte le Montagne che cintano Lecco rispondono con gioia “presente” all’appello!

Puntando decisamente al limitare più occidentale della radura si apre un cancelletto che dà su d’un occhio di prato e ad un ben impostato camminamento sotto una ramata mangiata da piante confinali. Vecchie mura a secco tradiscono chiaramente la pesante origine di questa Via, di nuovo ora interrotta da un altro cancelletto. Sotto l’ombra del bosco, imponenti muraglioni permettono di procedere in piano su ripidi pendii fiancheggiando l’alto bacino della Val Calolden. Tra giovani impertinenti arbusti e pesanti tagli (la Strada Ferrata viene tenuta “aperta” dagli operai addetti alla manutenzione dei piloni dell’alta tensione) si procede faticosamente tra tratti più o (molto) meno conservati. Radure e boschetti portano ad una vallecola franata e a transitare sotto ad una villetta che anticipa gli ameni curati prati della Cudega. Apprestandosi al Gerenzone in Calolden i massicci bastioni d’un crollato ponte impongono un facile guado prima di approdare sullo storico sentiero di risalita da Munt’a Bass e da Laorca.

I Piani resinelli, con la loro pittoresca chiesetta, non possono essere molto distanti. Salendo dal sentiero di Calolden, al guado di Val de Burlì, si poteva anche salire direttamente in sinistra idrografica fino “al paese” (in corrispondenza dell’ex Rifugio Cuera) senza passare dalla SEL. Curioso come una femmina, nella mia immedesimazione antica di oggi, assecondo anche quest’ultima follia. Dopo davvero pochi passi, tra cataste intere d’immondizia a volte subdolamente e pericolosamente nascoste da strati di foglie e rami schiantati, salgo ormai schiacciato dal carico della vergogna della mia stessa specie sbucando, pesto e concio, proprio davanti all’edificio sede della polizia locale e dell’ Ufficio Turistico dei Resinelli.
Un sorriso stralunato sulla mia faccia suggella l’incontro con i miei simili, perplessi o scioccati alla mia vista. Lasciato a terra, proprio in mezzo alla strada carrozzabile, l’insostenibile peso del ritrovato cadavere d’uno struggente Mondo Classico, posso tornare a sparire tra le mappe in cerca delle mie care visioni passate, presenti e future.

VIE DI FUGA : Non necessarie.
CONSIDERAZIONI: La Strada Ferrata collegava in piano Val Grande e Val Calolden. Centralmente, come visto, la raggiungeva la Vecchia Strada che serviva quindi anche a far confluire il materiale estratto a Ballabio. La Vecchia Strada invece, incontrata la Ferrata, proseguiva per i Casinei del Co del Luf (ore le signorili ville dei civici 39). Su percorso pressoché ricalcato in toto dalla carrozzabile, passava poi sopra le Cascine di Costa Adorna (magnifico esemplare di cascina alla bergamasca) e, tagliata Piazza Asinara (ora sede di un’azienda agricola), terminava alla Chiesetta dei Resinelli.
Per dovere di cronaca, il penultimo brandello del Sentiero della Gesuola si nota tra le cascine di Piazza Asinara ed una più piccola fattoria. Alle sorgenti del Caloden invece, nella vallecola pochi metri prima del piazzale Daniele Chiappa, ancora si nota “l’arrivo”, l’ultimo brandello della Vecchia Strada. Triste solitario frammento di storia dimenticato, ricoperto di rifiuti e sbarrato dalla staccionata di un’improbabile area picnic posto sotto una cabina secondaria della corrente e con “vista parcheggio a pagamento”.
SUGGERIMENTI PER IL RITORNO : CostaDorna fino ai Lagarej, poi Mazzacca e quindi Ballabio Inferiore.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

• Carta 1:20000 “Gruppo delle Grigne” – Prima versione anni 30
Ampliamento 1:20000 della carta IGM, riporta correttamente sia itinerario che zona.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI :

• Silvio Saglio “Gruppo delle Grigne” – 1937
Nonostante la freschissima carrozzabile, un ultimo sguardo sul Grande Passato. Grazie.

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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