PIZZO ALTO e MONTE ROTONDO – ALTA VIA VALSASSINA

Premana – Alpe e Laghi di Deleguaggio – Pizzo Alto – Monte Rotondo – Alpe Fraina

  • Difficoltà :

Fino al Pizzo Alto : Percorso Escursionistico T3+

Indicazioni : Buone;

Bollatura : Buona;

Traccia : mulattiera, sentiero, traccia;

Cavalcata in cresta: Percorso per Escursionisti Esperti T4++

Indicazioni : cartello al Varco; mendaci indicazioni alla Bocchetta di Taeggio (vedi considerazioni).

Bollatura : rinfrescata o datata è generalmente inaffidabile e pronta ad abbandonarci nei delicati tratti dove la cresta va momentaneamente abbandonata o recuperata. Decisamente meglio non confidare nelle rade catene. Assolutamente sconsigliato fidarsi dei cartelli alla Bocchetta di Taeggio (vedi considerazioni).

Traccia : sempre labile, molto spesso assente;

  • Tempo di salita : ca 6 [h]

  • Dislivello positivo : ca 1900 [m]

  • Periodo consigliato : Luglio – Ottobre

Il terribile impegno psicofisico di questo itinerario amplifica un grado di difficoltà tecnico, oggettivamente T4, a livelli limite; inoltre, ottima visibilità e terreno asciutto sono prerequisiti fondamentali. L’isolamento della zona, l’esposizione continua e un’ambientazione aerea mozzafiato fanno di questo uno dei più belli e difficili varchi tra cui Avventurarsi.

  • Disponibilità acqua : Alpe Deleguaggio – Bocchetta di Stavello – Alpe Fraina

  • Appoggi : ricovero d’emergenza al Bivacco di Taeggio (fuori via)

  • Data di stesura relazione: Primi anni venti.

"Dicci quale sarà la nostra fine!” Ed egli rispose loro: “Avete forse scoperto il principio, che mi interrogate intorno alla fine? Infatti, dove è il principio, lì sarà la fine. Beato colui che raggiungerà il principio: egli conoscerà la fine e non gusterà la morte.”

"Dicci quale sarà la nostra fine!” Ed egli rispose loro: “Avete forse scoperto il principio, che mi interrogate intorno alla fine? Infatti, dove è il principio, lì sarà la fine. Beato colui che raggiungerà il principio: egli conoscerà la fine e non gusterà la morte.”

DESCRIZIONE: Partenza da Premana; parcheggio lungo Via Roma o sul silos poco prima del bivio con Via Risorgimento. Di fronte allo stabilimento CAMP si imbocca la pedonale Via Monte Legnone. Superato un canale di scolo si è subito su di una storica mulattiera selciata che s’avvia diretta nell’infinito verde a monte dell’abitato. Superate alcune baite sparse si raggiunge presto l’avvolgente nucleo di vicinissimi fienili e cascine del loch di Gorle.

La suggestione di rivivere un’epoca antica, che scaturisce dal procedere tra questi stretti vicoli, è palpabile; l’aria n’è pregna. Non sono passati che pochi minuti dal posteggio e siamo già lontani anni luce da tutto ciò che conosciamo. Se ne esce un poco storditi e disorientati nei pressi di un’edicola votiva che prelude al castagneto. Un lungo dolcissimo tratto piano ed un breve strappo dopo un torrentello permettono di raggiungere l’Alpe Zucco. Sfiorandolo appena, si tiene subito la destra cominciando a salire. Si sfilano alcune isolate baite e nei pressi di un volteggio della mulattiera si esce dal bosco. La possente cresta sud del Legnone domina prepotentemente la maestosa vista appena guadagnata sulla Val Varroncello. Dopo un poco di prato, quasi senza accorgersene, si è in Gianello Alto. Si rientra subito nel bosco salendo su gradoni fino a raggiungere e a guadagnare l’alveo di alcuni torrenti. Si supera così la Valle del Dente prima e della Pianca dopo. Altre numerose serpentine tra grossi massi e tratti più aperti portano a raggiungere l’isolata Cappella di Masentighe, definitivamente fuori dal dominio del bosco. Si procede seguendo un ben delineato sentiero che con rapide svolte arriva a liberarsi dei rododendri che lo circondano nei pressi del corso d’acqua della Valle di Chiarelli. Tra erba e rocce sparse continua a salire seguendo il faro di una alta e snella croce di tronchi che svetta da una costa. Raggiuntala, si è a Deleguaggio, l’alpeggio più alto di Premana. Inutile frugare nello zaino, non ci sono parole per descrivere l’insieme di quello su cui gli occhi si posano.

Sul verde poggio appena raggiunto, un’autentica città in miniatura si erge deliziosa e compatta sopra e contro i ripidi slanciati scivoli delle pendici montuose che puntano risolute al cielo. Anche la stessa cima del Legnone, leggermente defilata, sembra occhieggiare in questa direzione, rapita dall’amena bellezza del paesaggio. Tra le basse case di sasso, i tetti di piode o di lamiera, e tra gli stretti vicoli, risuona il canto di alcuni vicini affluenti del Varroncello. Uno di essi, a inizio paese, è stato incanalato per creare una pittoresca piscina in pietra; posta vicino ad una altalena sopra la quale, per i bambini, è qui più facile che mai credere di stare volando insieme alle aquile.

Una di queste viuzze porta l’irriverente notazione di” Via Roma”. Questa nota di spirito ci riporta dolorosamente a terra e a Premana. La mente, fatta ritornare alla partenza come in un crudele gioco dell’oca, piena di rabbia vola avanti proiettando davanti agli occhi il vivido spettacolo di un immaginato e delicato gioco, combattuto in cresta sul confine tra cielo e terra. L’illusione del momento fa credere il futuro già presente; un avvenire dove la componente d’ignoto viene assunta in tinte fosche. Le gambe vacillano e lo zaino si fa pesante. Forse ci si potrebbe fermare anche qua. La mente razionale, tutta volta alla conservazione della vita in sicurezza di quiete e prevedibilità, la stessa che stanotte m’ha fatto dormire male, offesa da quello che l’indomani mi prefiggevo di fare, ora gioca anche questa subdola carta. Non la si può mai vincere direttamente costringendola ad approdare su coste selvagge; recalcitrante, va circuita convincendola almeno ad andare a vedere i laghi di Deleguaggio. Un passo alla volta. Si torna a salire, piano piano, senza troppo turbarla, seguendo un segnato e marcato sentiero. In decisa direzione nord si superano alcuni spumeggianti torrenti dalle spettacolari cascate fino ad una decisa inversione verso sud est che apre all’ultimo strappo ingombro di grossi massi e rocce. Una costa, sulla quale spicca una minuta baita, ingombra solo ancora per poco la vista. La meraviglia della natura è così ora manifesta di fronte ai nostri occhi. Il Lago Inferiore è un occhio di pernice, i cui colori mutano con le stagioni come il suo piumaggio; esso è incastonato in una tetra giogaia ricolma di sfasciumi dominata da un arcigna parete rocciosa proprio di fronte a noi. Alla nostra sinistra, sulle rocce lambite dall’acqua, una Bianca Madonna stanzia sull’Alta Via diretta al Legnone. Rinchiusa in una teca di cristallo, aspetta solo d’esser liberata da un autentico atto di fede.

La mente vola alla Madonna del Monte Rotondo verso la quale siamo diretti. Le ginocchia cedono allora su quelle stesse rocce bagnatesi d’eternità al ritorno dal Legnone e dalla sua Alta Via. Com’è lontano quel giorno e che miseria m’insudicia oggi. Attraverso quanta debolezza devo farmi strada? Quante volte si rinnoverà la prova? L’acqua del lago si fa torbida e limacciosa al mio intingere d’una mano. Scusatemi tutti, ma io torno a salire. In senso antiorario, quasi a svitare un nodo alla gola, si circumnaviga il lago raggiungendo l’imbocco di un umido canalino nella bastionata rocciosa. Attrezzato con catene e pioli, offre una divertente e sicura progressione fino al suo termine nei pressi d’un balcone superiore. Tra rocce e magra erba, si guada una larga pozza fino a trovarsi di fronte al miracolo. La dolcezza della sua manifestazione è tale da renderlo umanamente sopportabile. Il Lago Superiore è una goccia d’etere, caduta in un alto cono di roccia, che si lascia fendere dalla luce rispecchiando con incomprensibile purissima innocenza ogni prossimità ed ogni lontananza. Nella sua trasparenza si distingue chiaramente chi vi si scruta dentro e le sue stagioni: quelle passate, quelle presenti e quelle future. Solo il riconoscersi permette di allontanarvisi senza timore d’essersi persi dentro. Inoltre, la stessa chiara assenza di torrenti immissari dona anche la forza di potervi riuscire, attingendo, noi come lui, ad energie di cui siamo noi stessi la fonte. Raggiunta faticosamente la sopraelevata Bocchetta del Lago, il colpo d’occhio sulla Perla e sul suo orgogliosissimo Legnone colmerà, in un solo batter d’ali, un intero universo d’Amore.

Questa bocchetta è l’ingresso in un nuovo mondo oltre la quale si sbarca sulle solive sfuggenti pendici meridionali del Pizzo Alto. Un’esile, ma ben marcata traccia, infonde sicurezza nell’attraversarle a mezzacosta ed ad essa ci si aggrappa al manifestarsi dell’ostile punta della cima maggiore che, con la sua miriade di avvinghiati canali e ossute spine in precipitosa fuga verso valle, appare come la testa d’un mostruoso calamaro gigante. Procedendo si rimontano alcuni canali continuando a traversare fino a scorgere l’aliena figura d’un cartello metallico infisso sulla sella d’un piccolo valico.

Questo è il Signore di tutti i varchi. La cruna dell’ago per antonomasia; ma, per il momento, lo si ignora, continuando a seguire i pochi metri restanti dalla superba croce del Pizzo Alto. Difficile, da qui, oggi, non guardare che verso oriente; verso l’orizzonte misterioso, oltre il Monte Rotondo, dove nascono tutti i Soli.

Molta fatica e molto cammino fino a qui, ma ora un solo parco sorso d’acqua. Il vento suona una nota strana, portata fino a qui da chissà dove. Si torna sui propri passi, fino al cartello. Fermo sul varco, dandogli le spalle, la mente persa e conscia d’esser stata ingannata caccia un urlo disperato. Serafico, chiudo gli occhi e semplicemente la spengo. Nel silenzio, mi volto; finalmente pronto a far mio tutto ciò che ho chiesto.

A chi ha verrà dato, mentre a chi non ha verrà tolto anche il poco che ha. Con questa certezza nel cuore, si è pronti ad affrontare ogni prova sapientemente predisposta lungo questo possente, sbeccato e mistico bisello che sembra proseguire fino a dove occhio osa spingersi. L’accoglienza di una delicata discesa ed un esposto traverso permettono di raggiungere la Porta del Pizzo Alto, un orrido intaglio roccioso prima dell’ostico canale attrezzato sul baratro d’un marcio marcato canino (quota 2453). Se ne esce sul versante settentrionale prima di ritrovare più avanti il filo cresta. Un sentore di traccia l’abbandona rasentando a sud la sommità della verde e prossima Cima di Mezzana (quota 2435) dopo averne cavalcato prima la sensuale onda occidentale. Oltre una sua ripida costa laterale, alcune decine di metri sotto il filo principale, un esposto vergine traverso verso una fascia rocciosa permette di scoprirvi una cengia dove si nasconde una traccia ed alcune catene invase d’erba. Queste si seguono fino a rimontare una nuova costa laterale, raggiungendone l’anticima e l’aereo profilo maestro che, a picco sulla Val Lesina e sulla Val Marmino, consente di approdare con alcuni saliscendi alla Bocchetta di Taeggio. Un pannello ed un cartello indicano, verso sud, l’omonimo bivacco e Premana. L’Alta Via prosegue su vaghe tracce aggirando invece verso destra un marcato sperone. Superatolo, d’istinto si ritrova la cresta che, seguita fedelmente, porta a raggiungere lo stupendo pulpito panoramico, soprattutto sul Monte Rotondo, d’una nuova punta della regale corona che lo unisce al Pizzo Alto (quota 2332).

Mai meta, da qui, può sembrare più remota del Rotondo. La violenta e sensuale linea prosegue sempre insaziabile, crollando solo un momento ad un incavo ingombro di sfasciumi, come a voler fiatare prima di aumentare ritmo ed intensità, di nuovo lanciata inarrestabile verso l’alto. Ma è qui che la più assoluta padronanza di se deve emergere, per prendersi per mano ed avviare, dopo un primo risalto, un lungo intenso traverso a mezzacosta sulle pendici meridionali del Rotondo. Puntando ad una serie di intagli su alcune coste laterali, nei pressi della prima, una traccia corre in aiuto. Sparita di nuovo, è il momento di terminare il traverso e puntare diretti verso l’alto, su ertissimo fieno magro, per ritornare di nuovo in cresta. Qui, un nuovo pannello dell’Alta Via. Oltre si prosegue ad oltranza, su roccette ed infima erba, fino al punto in cui non c’è più nulla su cui salire. La statua d’una Madonna in estasi, nera, come fosse stata carbonizzata, dardeggia contro il cielo, assorbendo dal sole la luce dei suoi araldici raggi. Le morbide vesti d’acciaio mosse da un refolo di vento, le mani giunte ed un sorriso che la segna in volto, dolce abbastanza da spazzar via ogni regno e potenza. Le vado incontro riconoscendomi simile. Due delle infinite parti d’un unico movimento ed un’unica quiete; insieme, come in un silenzio chiamato per nome.

Lo zaino è stracolmo d’altezze, rigonfio di panorami e di dettaglio. Io sono così ubriaco di bellezza da non sentire il peso e la malinconia della discesa. Qualcosa di me è rimasto sulla cima, nei cestini di stelle alpine ai Suoi piedi, ma qualcosa di pari valore ho ricevuto in cambio. Esausto e provato, felice mi trascino sugli interminabili lunghi traversi della mulattiera militare fino all’Alpe Fraina. Da lì, sulla pista per Premana, i pensieri vanno alla deriva, sballottati e trasportati da una fatica così reale da sembrare che mi cammini affianco. Arrivato in paese, devo attraversarlo per tutta la sua lunghezza. Nessuno, indaffarato o meno, si accorge di me mentre le campane della chiesa suonano le ore in mio onore. Innocenza ed oblio mi fan superare sovrappensiero il silos dove invano m’aspetterà l’automezzo. Sono di nuovo sciolto e pieno di forze. Sono diretto a Via Monte Legnone e, presto, sarò avvolto dal loch di Gorle. E poi, ancora, Deleguaggio, Pizzo Alto e Monte Rotondo. Tornerò da Fraina; chissà cosa avrà in serbo per me il giorno.

Questo è un nuovo inizio, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì. Non sono più sceso da questa cresta.

VIE DI FUGA : Nessuna. Abbandonare l’Alta Via nell’unico punto fattibile, ovvero alla Bocchetta di Taeggio per la Val Marmino, altro non è che l’inizio di una nuova e diversa avventura la quale, se non prevista, può arrivare a spingere una paventata prospettiva di salvezza (bivacco prima e Premana poi) ancora più lontano.

CONSIDERAZIONI :

  • L’Alta Via della Valsassina è l’Itinerario per eccellenza delle Orobie Occidentali. Con partenza da Colico ed arrivo a Lecco, tracciando da nuovo o ricalcando più noti sentieri, essa definisce un ideale e nobile filo conduttore tra tutte le più significative cime della zona. Nelle zone attraversate maggiormente frequentate il suo nome è stato ormai dimenticato, perso in una miriade di itinerari minori a servizio di cime e località fini a sé stesse. Dove invece essa ha aperto magnifiche Vie in quota (tra il Monte Legnone e Monte Rotondo) o dove ha ricalcato il sentiero Cadorna (tra il Monte Rotondo ed il rifugio Casera Vecchia di Varrone – FALC in comune con la DOL, altro acronimo noto) il suo nome è contornato da un’aura di avventura ed ignoto. In entrambi i casi, questo lunghissimo e selvaggio tratto, le difficoltà oggettive, la totale mancanza di “prossimi” punti di appoggio e di rifornimento d’acqua, l’isolamento oppressivo e l’impossibile logistica a contorno ne han decretato il definitivo abbandono (sia da parte degli enti addetti alla manutenzione, sia degli “amanti” della montagna) con il conseguente inasprimento delle difficoltà di navigazione e di percorrenza. Lo stesso rivivere questo magnifico tratto è un atto di fede.

  • Improponibile proporre un ulteriore proseguo per il Sentiero Cadorna a meno di optare per un pernottamento al rifugio Casera Vecchia di Varrone o al rifugio FALC.

  • Il punto intermedio di appoggio, il fatiscente bivacco di Taeggio, in alta Val Marmino, è attualmente poco più che un ricovero d’estrema emergenza. Quasi impossibile da individuare dall’Alta Via, è difficilmente raggiungibile anche in salita da valle. Il pensare di raggiungerlo in un’ottica di ridiscesa verso Premana è decisamente sconsigliabile a meno d’esser già pratici della zona (vedere relazione in merito “Bocchetta di Taeggio dalla Val Marmino”).

  • Come emerso dalla relazione, l’Alta Via abbandona in tre d’occasioni il filo principale. Non ho verificato la percorribilità integrale di cresta; ma se tali tratti sono stati bypassati ai tempi della tracciatura un motivo, ad occhio e sul luogo decisamente plausibile, sembra esserci.

  • Questo medesimo percorso, effettuato in senso inverso, pone le maggiori difficoltà di navigazione ed i tratti attrezzati in discesa acuendone, se possibile, la difficoltà complessiva.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”

Alta Via della Valsassina correttamente rappresentata. Tracce visibili di sentiero raggiungono la Bocchetta di Taeggio da entrambi i versanti. Per le considerazioni in merito, vedere le relative relazioni.

RIFERIMENTI BIBLIORAFICI :

  • Ivo Mozzanica : “ ALTA VIA DELLA VALSASSINA ”

Un tempo fresca di ideazione e di tracciatura, la guida ufficiale dell’Alta Via della Valsassina, risulta ora solo poco più che una anacronistica e pericolosamente fuorviante brochure pubblicitaria. Le scarne descrizioni, unite a riferimenti non più attuali riguardo ai vitali punti di appoggio (bivacco al Lago di Deleguaggio, bivacco di Taeggio), fanno di questo libro il perfetto cattivo consigliere a cui affidarsi per avvicinare un Avventura come questa.

  • Ivo Mozzanica : “ ITINERARI IN VALSASSINA E IN VALVARRONE ”

Dieci anni dopo ecco una nuova opera a toccare ancora più superficialmente ma sempre anacronisticamente (con gli occhi di oggi) l’Alta Via della Valsassina, sentiero Cadorna ed altri delicati tratti di cresta. Opera irresponsabilmente ispiratrice di cattivi pensieri montani.

  • Alessio Pezzotta : “ ALPI OROBIE OVER 2000 – OROBIE OCCIDENTALI ”

Itinerario per escursionisti esperti. Tratti in arrampicata F + “Cresta severa ed esposta, occorre attenzione e passo sicuro”.

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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