PASSO DEL CEDRINO DA INTROBIO - STRADA DEI BERGAMINI

Introbio – Baite di Nava – Baite di Corda – Cascine Vallone – Baita Ratturo – Ps.o del Cedrino

Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T5 –

Indicazioni : Assenti;

Bollatura : Assente;

Traccia : Mulattiera, Sentiero, assente;

Tempo di salita : ca 3,5 [h]

Dislivello positivo : 1100 ca

Periodo consigliato : Primavera – Autunno.

La navigazione, lungo l’itinerario in questione, è sempre difficile. I sentieri storici, sono ardui da trovare e da seguire. L’attraversamento della Valle dei Bergamini e della Snella è delicato e tecnico imponendo, di fatto, assoluta sicurezza nel passo e nella scelta del percorso. Terreno asciutto e buona visibilità risultano condizioni minime ed imprescindibili.

Disponibilità acqua : Nessuna.

Appoggi : Nessuno

Data di stesura relazione: Primi anni venti.

Il Passo del Cedrino è un valico che le carte attuali segnano unicamente attraversato (per via di cresta) dal sentiero 101 - DOL. Ma un passo, per essere considerato e chiamato tale, deve collegare due vallate. Questo storico, ora difficile e selvaggio, itinerario è la via di salita dalla Valsassina. Il nome che tale strada porta rimanda ad un’economia ed ad un mondo che non esistono più.

Il Passo del Cedrino è un valico che le carte attuali segnano unicamente attraversato (per via di cresta) dal sentiero 101 - DOL. Ma un passo, per essere considerato e chiamato tale, deve collegare due vallate. Questo storico, ora difficile e selvaggio, itinerario è la via di salita dalla Valsassina. Il nome che tale strada porta rimanda ad un’economia ed ad un mondo che non esistono più.

DESCRIZIONE : Partenza da Introbio, parcheggio di Piazza Carrobbio. Imboccare la ripida rampa cementata sotto le indicazioni per il Passo del Gandazzo. Una selciata mulattiera inizia presto ma altrettanto rapidamente si trasforma in uno scassato sentiero stretto tra la morsa di due pareti verdi impenetrabili; nate dalla fine d’un bosco e dei suoi tagli. Sotto la volta dell’antica selva, più a monte, maggior ordine e aria accompagnano ora il largo sentiero ai piedi d’antica cascina. Si procede chiaramente, sempre con una leggera sensazione d’approssimazione data dal comparire di alcuni malmessi tratti selciati, un albero caduto ed inglobato nel sedime, un’oscena vasca di plastica per l’abbeverata. Di tutto questo ci si dimentica presto una volta allungato l’occhio verso sinistra, verso gli ameni Prati delle Baite di Nava.

Raggiunta la carrareccia proveniente da Barzio, la si segue in quella direzione. La raffinatezza (vera o presunta) di alcune baite convive vicino, ma a debita distanza, con la confusione operosa (vera o presunta) di altri cascinali. Questa guerra non è la mia e me ne allontano verso sinistra su fangosa e triste traccia raggiungendo i miseri, ma veri ed autentici, resti di alcune delle più antiche tra di loro.

Alle loro spalle si individua la storica mulattiera per i Piani di Bobbio. Dopo un traverso intagliato nella roccia, un lungo tratto tra i prati è occluso da un insopportabile invadente siepe di noccioli da un lato e da un’intransigente staccionata dall’altro. Abbassando il capo in segno d’umiltà (e per evitare i rami) si giunge ad una nuova carrareccia di servizio ad altre baite. Seguendola verso destra ci si immette sull’autostrada cementata/sterrata di accesso dei fuoristrada ai Piani di Bobbio. La si segue sbigottiti per l’estrema sproporzione delle sue dimensioni fino a lasciarla per una sua bretella minore che vi si innesta da sinistra. Seguendola, all’altezza d’una sua mezza curva verso destra, un tratto della vecchia mulattiera emerge sotto la ripida scarpata di sfasciumi a valle. La gioia è incontenibile; le corro incontro festante. Il suo dimenticato alveo è ingombro di foglie e, con essa ai piedi, si guadagna la vicina luce che sbircia dagli ultimi lembi della faggeta.
Si sbuca così su d’una enorme ferita o, come si suole intendere, sulla pista di ritorno del comprensorio sciistico dei Piani di Bobbio. Allargata qualche anno fa, attrezzata con le centinaia di pali di ferro (di sostegno alle assenti reti di protezione) ed ora abbandonata. Innevamento naturale ogni anno minore del precedente, temperature sempre più elevate e la politica interna di invalidare i giornalieri ad ogni discesa a valle ( effettuata sia con tale pista o con l’ovovia) ne han decretato il suo invernale inutilizzo. Della mulattiera storica che, vecchie mappe alla mano, con un’infinità di tornanti percorreva questa valle (Val di Corda) servendone le numerose cascine fino in Bobbio, nessun segno. Solo una ghiaiosa pista di Downhill si snocciola tra gli arbusti e tra il degrado. Larga qusi due metri, occupa solo una minima porzione di questo scempio.
Cosa ci resta ora? La Storia è stata uccisa e la Natura violentata. Mani avide continuano a frugarla impedendole di dimenticare e di tornare a rinascere. Al divertimentificio patinato è caduta la sua posticcia maschera di facciata; benvenuti allo squallorificio moderno; sempre pronto a rinnovarsi.
Destabilizzato e sconvolto salgo. Ho bisogno di un Varco. Lo chiamo a gran voce e questo mi risponde solerte. A monte del concavo alveo della pista, l’antica sagoma d’un muro a secco d’una di quelle perduta vecchie baite, fa capolino sotto agli abeti. Ad un ponticello di legno della pista da Downill metto la freccia e giro a sinistra nel bosco. Sono di nuovo io.

Un buon sentiero mi porta ad una radura dove un nuovo rudere riposa all’ombra d’un maestoso acero. In falso piano gli passo accanto attraversando un rado bosco appena “regolato”. Poco prima dell’apice della costa la foresta torna principe deliziando con uno slavacc con paretea monte in muratura. Sono sulla Strada di Mezzo, ora solo flebile sentiero, ma che, per l’onere del suo importante passato, è ancora lieto di condurmi. In lunga piana prosecuzione raggiungo il Canalone che si attraversa su franoso esposto traverso oltre il quale sono le diroccate Cascine Vallone. Il sentiero prosegue in piano fino a quando le impercettibili serpentine d’un obliata Via vi si innestano da monte. Tra molta devastazione di piante cadute le si segue in direzione Nord Est fino a giungere ad una marcata e decisa costa del sottobosco. Il Sentiero si alza continuando a traversare; difficile a capirsi, eppure, eccolo là, sicuro nell’attraversare la Valle di Mezzo. Superati alcuni canali minori e relative coste si giunge ad una radura. La bellezza della vista commuove.

Mantenendo la quota, senza più traccia, la si attraversa fino a tornare nel bosco nei pressi d’un nuovo canale. Poco distante, quel che resta della Baita Ratturo accoglie l’ultimo suo rarissimo visitatore; ancora una volta né bovino né bergamino a ricordo del suo passato.

Il sentiero ricompare e sarà la rampa di lancio verso il crescendo finale. Esso aiuta ancora a stento nel far attraversare una nuova radura, indicando a fatica la delicata discesa per la Valle dei Bergamini. L’uscita è libera su ripidi delicati prati. Si rimonta la costa tra rade betulle attestandosi presso alcune macchie franate. Si punta ad un nuovo lembo di bosco dove i faggi cadono a picco nella Valle della Snella; la quale si mostra ripugnante nelle sue larghe verticali fasce striate di roccia. Indirizzando la rotta verso un’alta biforcazione della stessa, per sfasciumi e radici ci si cala nel ramo di meridione conquistandone l’affilato promontorio centrale. L’opposto versante della Valle della Snella sembra attaccabile unicamente che per ripidissimi prati. Pochi metri separano da loro, eppure sembrano lontanissimi; salti e balze cieche tra di noi. La chiave di volta risiede nel ritrovare obbligatoriamente la Strada dei Bergamini che, per esposto e terroso traverso, conduce al fondo del ramo settentrionale. L’uscita per verticali prati impone calma e sangue freddo. Sono sulla costa dei faggi. Il Passo del Cedrino è presto raggiunto, senz’obbligo, per dolce bosco e vallecole.

Quel civile sentiero là, che entra ed e esce dal bosco formando nel prato un semicerchio quasi perfetto mi ha ricordato un mio sogno di qualche tempo fa.
Un uomo una mattina si alzò, dall’umile ricovero in montagna dove viveva di stenti, per cercare le rovine perdute di Milano o di Lecco o d’una qualunque delle nostre grandi città. Io, simile a lui, cerco ruderi e perdute vie. Da quei miseri resti fecondo la mia immaginazione attingendone forza a piene mani. Chissà quell’uomo cosa troverà nella scoperta sua, ben più maestosa d’ognuna delle mie.
Questo è il mio tempo. Mi sto impegnando a cambiarlo ma mi trovo sempre e solo di fronte ad un altro rudere.

VIE DI FUGA: Non presenti.
SUGGERIMENTI PER IL RITORNO: Dal Passo del Cedrino al Passo del Gandazzo; da lì alla Costa del Tee e poi alle Baite di Nava.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”

Itinerario fedele solo fino a Nava. Rappresentata ancora la vecchia mulattiera della Valle di Corda o la pista da Downhill? Strada dei Bergamini e di Mezzo Assente.

  • Carta Nazionale Svizzera e IGM

Entrambe le carte riportano, come buon sentiero, l’itinerario in questione. La Svizzera si rifà alla nostrana approssimandone l’anacronismo.

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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