PASSO DEL CEDRINO DA INTROBIO
COSTA DEI FAGGI DI VAL DELLA SNELLA

Introbio – Ponte di Tee – Piancagian – Cantalet – C.ne Vallone – Ps.o del Cedrino

Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T4 (+)

Indicazioni : Assenti;

Bollatura : Assente;

Traccia : Mulattiera, Sentiero, assente;

Tempo di salita : ca 3,5 [h]

Dislivello positivo : 1100 ca

Periodo consigliato : Primavera – Autunno.

La navigazione, lungo l’itinerario in questione, è mediamente difficile; pur smorzata da alcuni tratti ben evidenti. Il terreno non è particolarmente ostile ma impone comunque passo fermo. L’isolamento è notevole. Buona visibilità e terreno asciutto sono requisiti minimi e fondamentali.

Disponibilità acqua : Nessuna.

Appoggi : Nessuno

Data di stesura relazione: Primi anni venti.

Il Monte Chiavello è un’anonima e mite cima minore della lunga dorsale spartiacque tra le provincie di Lecco e Bergamo. Sfregiato dalle piste del comprensorio sciistico dei Piani di Bobbio, mostra invece, verso la Valsassina, ripide ed indomite propaggini che si espongono oggi, commoventi e cariche di speranza, incredibilmente bianche sulle carte e nella consapevolezza collettiva. L’itinerario della Costa dei Faggi di Val della Snella per il Passo del Cedrino, ricalcando in parte abbandonati sentieri di carico, è un’intensa immersione in questo meraviglioso, sorprendentemente selvaggio, angolo sperduto di mondo.

Il Monte Chiavello è un’anonima e mite cima minore della lunga dorsale spartiacque tra le provincie di Lecco e Bergamo. Sfregiato dalle piste del comprensorio sciistico dei Piani di Bobbio, mostra invece, verso la Valsassina, ripide ed indomite propaggini che si espongono oggi, commoventi e cariche di speranza, incredibilmente bianche sulle carte e nella consapevolezza collettiva. L’itinerario della Costa dei Faggi di Val della Snella per il Passo del Cedrino, ricalcando in parte abbandonati sentieri di carico, è un’intensa immersione in questo meraviglioso, sorprendentemente selvaggio, angolo sperduto di mondo.

DESCRIZIONE : Partenza da Introbio, parcheggio di Piazza Carrobbio. Diretti verso il centro si imbocca Via Partigiano Mina per dirigersi verso la storica mulattiera di Biandino. Al bivio sopra l’edicola di Sant’Uberto si prende a destra per la selciata Strada del Corno ed ignorando il successivo bivio per la Via Foppabona. Tra secolari selve di castagno, l’acciottolato prosegue sicuro pur se segnato in taluni tratti dal passare del tempo e dall’incuria. Ad un certo punto la poesia svanisce al mesto incontro della sterrata pista di servizio dell’acquedotto diretta alle Baite Serra. La mulattiera riprenderà più avanti, ad un tornante della strada, ma l’errare di oggi porta subito a destra, dove un sentiero si inoltra in leggera discesa verso valle. Ha inizio la Strada di Tee che ben presto porta all’omonimo ponte di legno sospeso sul roccioso fondo del torrente Acquaduro.
Il proseguo è sorprendente; rasentando orridi cigli il sentiero prosegue largo e sicuro, tanto da non far quasi percepire cosa lo circonda. Alcune crollate baite annunciano l’Alpe Piancagian dove le betulle, ormai da decenni, si sono riappropriate del pascolo. Si sbuca su d’un più largo e segnato sentiero dove un cartello segnavia indica che siamo su un percorso ufficiale; quello che dalle Baite di Nava porta all’Alpe Tee e poi al Passo del Gandazzo. Si tiene la destra per Nava e si supera un canale. Il suo nome è Valle della Snella. Quando lo riattraverseremo saremo parecchio lontani da casa.

Dopo soli pochi metri sulla nuova sponda, a ridosso d’una costa rocciosa, una poco intuibile traccia si stacca a monte dal sentiero ufficiale; tutto impegnato a bordeggiare le sue ripide sponde. Dandole un po’ di fiducia, questa si rivela ben più strutturata del suo blasonato vicino. Con alcune serpentine si sale e questa si fa bel sentiero sotto la volta arborea. La Valle della Snella mostra dirimpetto a noi una ferrea bastionata rocciosa che il sentiero, amabilmente, quasi avesse intuito il turbamento instillato alla sua vista nei nostri cuori, con una rapida svolta, ci toglie da davanti agli occhi. Siamo ormai prossimi al panoramico declivio della Baita Cantelet.

Ogni angolo di mondo come questo, mantenuto o strappato all’abbandono, deve commuovere profondamente. Il rispetto della fatica e dell’amore altrui deve comprendere il miracolo e la fragile alchimia che lo ha reso possibile. Nell’avvicinarvi abbiate tatto. Abbiate l’unica qualità le cui azioni non vi si ritorceranno in qualche misterioso modo contro. A monte della baita, un vago sentiero conduce ad una nuova apertura del bosco al cui centro campeggia un capanno di caccia. Al limitare superiore di tale slargo, un poco marcato promontorio schiude una superba vista degli spumeggianti marosi in caduta libera della Valle della Snella.
Turbati da tanto, si corre al riparo nella faggeta sul cui sottobosco si intuisce ancora, labilmente, i segni di antico passaggio di bestiame che, una volta seguiti, portano ad innalzarsi su d’una costa con inquietanti singoli pinnacoli di roccia sulla sinistra.
Ad un aiale, la flebile traccia s’incrina drammaticamente. Per vaghi lontani segni di taglio si torna sul filo della costa per poi intraprendere un lungo traverso verso destra. A speranza ormai perduta si scorgono rincuoranti segni di vita umana. I miseri resti delle Cascine Vallone arrivano come una benedizione. Incredibile quanto ci si possa sentire fratelli di gente morta ormai da secoli.

Un piano sentiero lambisce ai piedi le macerie. Lo si segue verso nord, in leggera salita, laddove il bosco è più scuro. Ad un bivio si tiene la traccia più a valle, la più esile, che, presto, insospettabilmente, si rafforza tanto da diventare un discreto sentiero che, con passo svelto e deciso, supera alcuni canali minori. Un tratto più aperto rivela, ai piedi d’una fascia di roccia, un tratto di ghiaie e poi Lei, la Valle della Snella; sovrastata dalla nuda e muscolosa schiena d’una costa coronata a faggi.

Ancora affidabile il sentiero porta fino all’alveo roccioso della Valle; poi, quasi timoroso, veste panni più umili e modesti. Superato un boschetto, ancora per poco ci accompagna su verdi balze erbose protese sul vuoto. In corrispondenza d’un canaletto, è il saluto di commiato, vedendolo proseguire dubbioso verso la sua fine.
In realtà il percorso qui volta impercettibilmente in direzione opposta cominciando a salire verso la dorsale. Troppo invaso da impenetrabili arbusti, impone una faticosissima salita libera nell’erba alta. Tanto sforzo è però ben ripagato. La Natura è severa; ma sempre giusta. Ripaga con una misura buona, pigiata, colma e traboccante la purezza di cuore che vi si confronta.
Una lunga successione di alberi maestosi; faggi, prevalentemente, fissa come spilli, le verdi lenzuola d’erba che scivolano verso la Valle della Snella. Sullo sfondo la boscosa sella del Passo del Cedrino appare finalmente in vista; sormontata dalla striata cresta del Corneasso.

Il cavalcare tale onda è un piacere intimo e sottile. I Campi Elisi non potrebbero essere molto diversi. Senza traccia e senza obbligo si punta al Passo, entrando ed uscendo dal bosco tra le giogaie moreniche adorne di rododendri che lambiscono le magre praterie basali delle fasce rocciose a monte.
L’uscire definitivamente fuori dal bosco, sui morbidi prativi del Passo del Cedrino, non porta con sé il solito sollievo d’esser fuori dai guai. Qui c’è la sorpresa d’una immeritata malinconia; come verso qualcosa che è già ricordo o che non è stato pienamente colto.
In realtà il mio errare è stato lungo e significativo, carico di Bellezza. Questo struggimento non dovrebbe esistere, eppure c’è.
Non riesco. Davvero mai; ad amare abbastanza.

CONSIDERAZIONI : Il tonimo “Costa dei faggi” è mio. Non ho trovato altro nome a cui riferirmi.
VIE DI FUGA: Non presenti.
SUGGERIMENTI PER IL RITORNO: Dal Passo del Cedrino al Passo del Gandazzo; da lì alla Costa del Tee e poi alle Baite Serra.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”

Strada di Tee non rappresentata. Passo del Cedrino attraversato solo dal 101.

  • Carta Nazionale Svizzera e IGM

Entrambe le carte riportano, come buon sentiero, l’itinerario in questione. La Svizzera si rifà alla nostrana approssimandone l’anacronismo.

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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