MOREGALLO - COSTONE DELLA TELEFERICA

Mandello del Lario, Via Moregallo – Costone della Teleferica – Monte Moregallo

  • Difficoltà:

Costone della Teleferica: Percorso per Escursionisti Esperti T5+

 

Indicazioni: Assenti;

 

Bollatura: Assente;

 

Traccia: Praticamente assente;

 

 

Ritorno: Percorso per Escursionisti Esperti T3

 

Indicazioni: Ottime;

 

Bollatura: Ottima – a tratti eccessiva;

 

Traccia: Sentiero più o meno marcato;

 

  • Tempo di salita: ca 3,5[h]

  • Dislivello positivo: ca 1100 [m]

  • Periodo consigliato: Settembre, Ottobre – Marzo / Aprile.

La ripetizione (soprattutto senza accompagnatori indigeni) di questo itinerario, e quindi la relazione che segue, sono destinate ESCLUSIVAMENTE ad avventurieri esperti dotati di piede fermo e nervi saldi. Una piena sicurezza in contesti esposti, una matura tranquillità nell’attraversamento di luoghi impervi ed un’attenta scelta delle migliori condizioni meteorologiche (terreno perfettamente asciutto, ottima visibilità ed assenza di vento) sono REQUISITI IMPRESCINDIBILI. Consigliato uno studio preliminare della Via con un buon binocolo da Pradello.

 

  • Disponibilità acqua: Nessuna.

  • Appoggi: Nessuno.

  • Data di stesura relazione: primi anni venti.

Sotto l’azzurro cielo, tra i Monti che tratto in queste pagine, l’angolo più selvaggio, più misconosciuto e più ricco di forza e di contrasto è indubbiamente il versante orientale del Monte Moregallo. Questo vertiginoso itinerario è forse il manifesto di tutta la ricerca che mi spinge.

Sotto l’azzurro cielo, tra i Monti che tratto in queste pagine, l’angolo più selvaggio, più misconosciuto e più ricco di forza e di contrasto è indubbiamente il versante orientale del Monte Moregallo. Questo vertiginoso itinerario è forse il manifesto di tutta la ricerca che mi spinge.

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DESCRIZIONE: Partenza da Via Moregallo, Mandello del Lario. Alcune isole “verdi” bordo strada consentono, ad inizio via, almeno fisicamente, il libero posteggio.

Ci si dirige sui propri passi puntando alla SP583. Questo primo angusto “pittoresco” tratto, condiviso senza marciapiede con le automobili, è obbligato. Esso è delimitato, dal lato del lago, da blocchi spartitraffico di cemento sormontati da una bella palizzata di marce assi e dalle reti metalliche della cava sul lato a monte. La sensazione di generale disinteressamento ed approssimazione è corrosiva e permeante. Raggiunto il cavalcavia all’uscita della galleria di Parè, ci si abbassa al di sotto di esso tramite una scalinata che permette di toccare il fondo d’un rivo e di guadagnare la vicina ghiaiosa spiaggia. Una facile scogliera rocciosa sulla destra è sormontata da un vecchio ed imponente muro di cemento e massi. Risalendola di traverso si raggiunge la sommità di quest’ultimo e l’alveo della vecchia strada Malgrate – Bellagio. La panoramicità della vista sul lago, della sponda opposta e della strada stessa stride col suo essere sfacciatamente un luogo di degrado. In questo momento è inutile e doloroso immaginare quello che poteva essere uno stupendo percorso ciclo pedonale che, tra l’altro, poco più avanti, è pure interrotto dai solidi cancelli di un’altra cava. Su vecchio asfalto ed erbacce si supera in direzione sud un primo suggestivo breve tunnel scavato nella viva roccia. Qui, per chi è diretto al Moregallo, tra lo sciabordio delle onde sulla roccia e lo scricchiolio di cocci di vetro sotto le suole degli scarponi, abbracciato dalla volta della vecchia galleria, ad attenderlo c’è un ben chiaro e percepibile varco ricoperto di graffiti.

Voltandosi sui propri passi, su buona traccia si rimonta l’arco roccioso della galleria appena superata tenendosi vicini al lago. Il colpo d’occhio sulla supposta via di salita e sulla sfacciata Valle del Gottardo dirimpetto a noi è impressionante. Ci si sente veramente stritolati tra acqua e rocce.

Seguendo vaghi segni di passaggio si avvia un lungo traverso verso destra in direzione nord. Ben presto ci si ritrova a procedere su d’un aperto pendio, molto ripido, dominato da magra erba e striato di roccette. Una volta sopra il cratere della cava e in vista della galleria del Melgone si piega a sinistra e, sempre su medesimo delicato terreno, si punta ad un contorto alberello per raggiungere il filo principale del costone. La realtà suggerisce la sensazione, a volte disturbante, di potersi tuffare nel lago con un singolo salto; questa è la vera nota dominante di tale primo tratto di salita.

Superate alcune rocce a picco sulla valle del Gottardo, ecco comparire di fronte a noi una scalinata proveniente direttamente dal regno dei sogni.

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Due rampe di sasso, l’ultima delle quali sorretta da un muretto a secco perfettamente conservato, aiutano a raggiungere il ripidissimo pendio erboso sovrastante. Non un singolo passo è traballante sul suo dorso e questo, se possibile, acuisce lo straniamento dato dal suo incontro. Procedendo su vaga traccia si risale molto direttamente tenendo la sinistra ad successivo poco marcato bivio. Puntando risoluti ad una caratteristica formazione rocciosa squadrata la si raggiunge e la si supera a sinistra tramite una delicata ma breve cengia. La costa ora degrada leggermente diventando decisamente meno aerea. Su di un modesto pianoro si ritrovano i resti d’una rudimentale stazione della teleferica utilizzata un’era fa da coraggiosi o disperati boscaioli. Un basamento di sassi ammonticchiati è ormai orfano del suo palo di legno tristemente accasciato a terra assieme alla corda di ferro pieno.

Superato il boschetto di betulle alle sue spalle e di nuovo all’aperto ci attende la schiusa della vista sull’ultimo tormentato tratto. La tozza cuspide dello Zucon e il contrafforte roccioso che sostiene la Selletta degli Orfani sembrano far a gara a chi svetta più in alto. Tra loro e noi ci divide una cacofonia di scivoli erbosi spaventosi, tutti a balze. Verticali fasce rocciose sono poste di traverso rispetto alla ferma volontà di salire ancora; ovvero quello che è il desiderio di poter uscire da questo ripido ed affilato mucchio d’erba e sassi a picco sul lago.

Il costone torna presto a restringersi impennandosi contro una prima avanguardia rocciosa. Ai sui piedi si avvia un traverso ascendente molto esposto su d’una labile traccia fastidiosamente protesa su d’un erto collasso del pendio a forma di cono. Raggiunta una piccola sella si procede attraversando un nuovo ripidissimo ed infimo scivolo erboso fino a trovare alcuni passi tra roccette che, invertendo la direzione del traverso, puntano risoluti alla fascia rocciosa protesa sopra la nostra testa. La vista viene naturalmente attratta da un’aerea cengia che si staglia maestosa contro il cielo ed il San Martino.

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La si percorre con prudenza ma con invero una certa facilità e trovandovi al suo termine alcuni tiri di rugginose catene che permettono di raggiungere di nuovo il filo del costone. Lo si segue ora più appoggiato, oramai paralleli ed in vista alla normale di salita dal Sasso di Preguda. Un canale segnato da una frana impedisce di congiungervisi e, lambite perciò le rocce basali dello Zucon, si deve intuire l’intaglio corretto per un nuovo traverso verso nord. Su piana cengia aerea molto esposta si trova un sentierino che degrada di alcuni metri fino a depositarci su di un lungo lembo d’erba sospeso. Esso è solcato da tre canali di cui, il secondo, ha le fattezze d’un budello d’incubo. Questi primi, li si supera fino a finire nel tetro anfratto del terzo ed ultimo. Rasentando da vicino la sua strapiombante parete rocciosa a sinistra, si risale con delicate serpentine la rampa erbosa del suo precipite fianco opposto.

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Si sale così lungamente fino ad intrufolarsi in un asfissiante boschetto. Il conquistare un aperto pulpito panoramico è il prologo della fine; proprio dove un altro largo costone si innesta su quello seguito fino ad ora. Puntando ad una caratteristica lama di roccia si torna a salire traversando in direzione sud. Sorpassata un’ennesima cengia su d’un cornello di roccia si ritrova un umile sentierino che, con un ultimo esposto taglio, circumnaviga l’ampio cono sommitale della forra che sotto è apparsa tanto repulsiva.

Siamo sulla cresta orientale del Moregallo. Siamo fuori. Nelle orecchie non c’è più il carico silenzio dei luoghi senza nome. Il mormorio del lago ad inizio gita ha trovato contrappunto nel chiacchiericcio delle persone in salita da Preguda sull’ormai comodo vicino sentiero.

Decisamente straniati e increduli di fronte a quanto vissuto ci si innesta sulla normale e, toccata velocemente la Bocchetta di Sambrosera siamo presto sulla panoramica cima del Monte Moregallo.

Qui, su largo e verde poggio, tanti pensieri tenuti scrupolosamente a bada durante la salita, possono finalmente sfogarsi correndo liberamente sul prato o scegliere di riposare all’ombra d’una deliziosa faggeta.

Quella del Costone della Teleferica è una storia di sfruttamento. I nostri avi, con il loro lavoro, nella lotta per la sopravvivenza, hanno lasciato una stupenda scalinata, una traccia nell’erba ed un mucchio di sassi con una corda d’acciaio. Loro procedevano in equilibrio, come ho dovuto fare io oggi tra erba sfuggente e taglienti rocce. Con quelle cave e quel lungolago l’equilibrio noi lo abbiamo perso e stiamo cadendo. Vogliamo almeno provare a salvare la vita o ci consideriamo già perduti?

VIE DI FUGA : Assolutamente assenti. Non farsi poi trarre in inganno dalle numerose e vaghe tracce dei mufloni. Sconsigliatissimo il ripercorrere i propri passi in discesa. Chi varca porta a termine.

SUGGERIMENTI PER LA DISCESA : Il bellissimo sentiero OSA del 50°. Unica vera opzione disponibile per evitare di inventarsi un ritorno a Via Moregallo. Preso poco sotto la cima, regala stupendi scorci panoramici ed un “tranquillo” ritorno degno della salita appena conclusa.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI:

  • Carta 1:2000 “Gruppo delle Grigne”

Questa bella carta, della serie “Guida dei monti d’Italia” e che è sostanzialmente una riedizione approfondita delle vecchie igm, riporta, sia pur sommariamente, l’itinerario descritto. Pur essendo focalizzata sulle Grigne, In un angolino defilato, riporta parzialmente pure il Moregallo. Sul suo fianco nord-orientale segna, con tratto grafico da buon sentiero, la via che corre sul Costone della Teleferica. Resta comunque, a tutti gli effetti inaffidabile ed approssimativa.

  • Carta Nazionale Svizzera

Scala simile e medesime considerazioni sull’affidabilità della traccia riportata.

RIFERIMENTI BIBLIORAFICI:

  • itinerAlp : Moregallo da est – Costone della Teleferica

Innanzitutto il Toponimo “Costone delle Teleferica” è un neologismo, a parer mio perfettamente calzante, coniato dal creatore di questo sito appositamente per individuare l’itinerario in questione. Per il resto, beh, che dire; grazie. Grazie per questa e per ognuna delle preziosissime relazioni racchiuse in questo autentico tempio di Ricerca e d’Avventura.

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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