LEGNONE - VIA DEL NEVAIO

Delebio – Osiccio – Alpe Legnone – Monte Legnone

  • Difficoltà :

Intero Itinerario : Percorso Escursionistico T2

                         (Per quota e lunghezza, linea Cadorna percorsa al ritorno classificata T2/T3)

Indicazioni : Scarne;

Bollatura : Datata;

Traccia : Pista, Mulattiera, sentiero;

Via del Nevaio: Percorso per Escursionisti Esperti T3/T4

Indicazioni : Scarne;

Bollatura : Chiara e visibile;

Traccia : Sentiero o assente;

  • Tempo di salita : ca 4 [h] per il Rifugio – da lì ca 3 [h] per il Legnone
  • Dislivello positivo : ca 2400 [m] (1500 [m] + 900 [m])
  • Periodo consigliato : Luglio – Ottobre

Questo itinerario si snoda (Cresta del Monte Colombano esclusa) su sentieri ufficiali ed attrezzati. La difficoltà tecnica di progressione, oggettivamente T3, non rende giustizia all’ambientazione remota, alla severità e lunghezza complessiva di questo tracciato.

La navigazione necessita obbligatoriamente di buone condizioni di visibilità. Il permanere della neve nel canalone centrale della Parete Nord si protrae fino a fine stagione. Ripetizioni autunnali rischiano però di far mancare l’incontro con il Nevaio che fornisce il nome alla via.

  • Disponibilità acqua : Piazza Calda – Alpe Legnone
  • Appoggi : Rifugio Legnone – Bivacco “Barach di Manzoo”
  • Data di stesura relazione: Fine anni dieci.

Cos’è la Bellezza che ricerchiamo per mari e per monti? Essa è forse solo il punto di vista umano, partecipe e distaccato, al grande afflato selvaggio della vita. Il commovente colpo d’occhio sul presente che schiude all’eternità passata e futura. La fede che cede la propria estate all’inverno, la disciplina per ristrappargliela rinnovata ogni primavera. Una sacra ruota mossa da primi moti d’amore. Una lunga collana di passi devoti, da portare al collo; così lucente da mutare i colori del giorno!

Cos’è la Bellezza che ricerchiamo per mari e per monti? Essa è forse solo il punto di vista umano, partecipe e distaccato, al grande afflato selvaggio della vita. Il commovente colpo d’occhio sul presente che schiude all’eternità passata e futura. La fede che cede la propria estate all’inverno, la disciplina per ristrappargliela rinnovata ogni primavera. Una sacra ruota mossa da primi moti d’amore. Una lunga collana di passi devoti, da portare al collo; così lucente da mutare i colori del giorno!

DESCRIZIONE: Partenza da Via Cristoforo Colombo, Delebio. Parcheggiato nei pressi della centrale idroelettrica a monte dell’abitato, imboccare subito l’antica strada lastricata della Val Lesina Occidentale che selvaggiamente si affaccia fuori dalla selva per dominare il mare di tetti valtellinesi. L’impatto estetico e fisico è subito impressionante. Una ripida umida rampa di lucidi ed ordinati ciottoli conduce nel cuore del castagneto obbligando a muoversi con passi misurati sulla sua caratteristica sezione concava. Creata con lo specifico intento di incanalare al centro il legname di strascico proveniente dalle maestose foreste del Legnone, risulta perfetta per contenere ed indirizzare gli entusiasmi di chi la risale con l’ambizione delle Terre Alte. La consapevolezza della maestosità di quest’opera antica, si instilla piano, passo dopo passo, nel cuore di chi la risale. Sui suoi ripidi tornanti e sui suoi costanti ed innumerevoli traversi si mitiga l’esuberanza, donando un senso di ordine e di una lontana tangibile determinatezza; la giustizia che per contrappasso vede materia umana in lenta risalita per tutto il prezioso legno che è velocemente sceso a valle. Il tonico di ciò che è selvaggio importato nella tranquillità apatica delle città ma sempre ricercato intatto, alla fonte, dai suoi stessi abitanti.

MulaLesinaFIL

Raggiunta la radura di Piazzo Minghino dove è presente il bacino idrico che alimenta la centrale, ad un marcato bivio si procede a destra in direzione Osiccio. Lungamente e faticosamente si perviene alla sua frazione di Sotto. Oltre, un breve strappo conduce sulla nuova sterrata pista di servizio proveniente da Delebio; si è in località Osiccio di Sopra. Presto si raggiunge la località Piazza Calda dove uno sparso gruppo di baite fa sfoggio di sé e della bella vista sulla valle. Un fontanile nei pressi di un tornante della pista, cela alle sue spalle un ben marcato e ripido sentiero che, costeggiando alcune case, si intrufola in una fitta abetaia. Su morbido tappeto d’aghi, deliziati da un silenzio profondo e da flebili raggi di luce filtrata, alcuni traversi portano al cospetto di magnifici abeti bianchi. Il sentiero ritornato mulattiera vi si snoda sinuoso, immerso in una fantastica ambientazione silvestre dove anche le rocce sono ricoperte di licheni e di muschio per ovattarne la vista. L’uscita dal bosco è non meno suggestiva ed avviene sul verde occhio di prato nei pressi della rustica Casera di Piodi, lambita e quasi inghiottita dagli abeti. Raggiunto il muretto a secco che ne delimita il confine a monte, nei pressi di una fontana, si sbuca sui lembi inferiori dei maestosi longilinei pascoli a cavalcioni di cresta dell’Alpe Legnone che, però, ancora non si mostra alla vista. Seguendo mansueti gli armonici volteggi del sentiero, che ora puntano al cuore del prato e che ora si fanno appresso ad un affiatato gruppetto di defilati larici, si raggiungono i diroccati resti della vecchia casera ai piedi di una slanciata croce di legno posta sulla sommità di un marcato dosso che cela la vista sul proseguo. Una volta superatolo, gli occhi, che naturalmente indugiano verso la piena bucolica vista verso valle appena guadagnata, vengono letteralmente strappati da lì ed inchiodati a monte dalla schiusa di un’inattesa meraviglia. Di fronte a noi, tutt’intorno a noi, pasce la più pura essenza alpina di un panorama. Un dolce poggio, screziato dalle diverse sfumature di luce create dal vento sull’erba e dal rincorrersi delle nuvole in cielo, sorregge l’arroccato intimo borgo dell’incantata Alpe Legnone. Tale idilliaca visione trova pienezza di felicità nel coronamento dato dall’aspro contrasto con l’omonimo Monte sullo sfondo. Il Legnone è la perfetta cima dalla ideale forma triangolare che gli disegnerebbe alle spalle un bambino con la sua innocenza e con la sua fantasia.

Tra la manciata di baite dell’Alpe, trova spazio anche il Rifugio Legnone. La strada percorsa da Delebio è stata invero lunga e molta ancora, e più dura, ne manca alla cima. L’incontaminata bellezza del contesto invita ad una sosta prolungata, ricercandovi pace ed un ricovero per la notte. Alla sera, con le ultime luci del giorno che imporporano il silenzio rotto solo dal canto instancabile della fontana e dei grilli, sembra di poter veder l’affresco sormontante il portale della casera prendere vita. Si vedrà così un frammento di antica vita pastorale, rappresentato tra le brume del primo mattino con serietà ed un velo di malinconia, staccarsi dal muro per confondersi, alla fioca luce del crepuscolo, con la realtà. La bramata e magica unione della medesima corona di cime dipinta come sfondo a quella stessa che fisicamente abbraccia l’Alpe a cui l’affresco appartiene. Lo sguardo sul passato e sul futuro fermati nel momento presente.

La ripartenza all’indomani per il Legnone prevede uno straziante inizio. Riservando da ora in poi un posto speciale nel cuore a questo ricamato fazzoletto di mondo, lasciare la mansueta mulattiera militare della Linea Cadorna per il ritorno. Il richiamo delle eteree altezze è sempre così confortevolmente familiare ed è sempre così repulsivamente estraneo quando si parla d’Avventura.

Rimontando direttamente e senza traccia le morbide ondulazioni della Cresta Nord del Legnone, il soave poggio dell’Alpe si fa presto dorsale ed un primigenio spettacolo è così pronto e maturo per dardeggiare l’anima con araldici scorci e regali probanti promesse. Il troppo umano cuore che ha iniziato a stillare chiaro sangue arterioso trae forza dalla irresistibile possanza della Natura in cui si muove timoroso e coraggioso.

Proseguendo risoluti attraverso un breve tratto ingombro di uno squisito lariceto, risalire a fil di cresta. Destreggiandosi tra i rododendri a terra provenienti da un dirupato occidente e lasciando ad oriente i ripidi scivoli erbosi, superare alcune occluse gallerie accessorie alla linea Cadorna e raggiungere il vassallo Monte Colombano. Ridiscesi brevemente alla sua sottostante omonima bocchette vi si troveranno i resti ancora ben conservati della mulattiera militare proveniente da Scoggione e diretta a valicare il Dosson di Zocche e a raggiungere la Bocchetta del Legnone o il Rifugio da cui si proviene. Un buon sentiero si inerpica fedele al filo di cresta fino a raggiungere un lungo e piano tratto dove al termine il proseguo sembra interrotto dall’ergersi di una martoriata ed intransigente parete rocciosa. Alcuni provvidenziali bolli suggeriscono un traverso su labile traccia sui magri e ripidi pascoli sommitali ingombri di sfasciumi del sottostante ampio bacino di Galida. Raggiunto un colatoio a ridosso della lambita parete rocciosa, avviare un delicato traverso su di una lunga successione di cengie ed esposti ballatoi attrezzati. Uscire da questa danza sospesa raggiungendo un marcato verde canale, secondario rispetto allo spacco principale della Parete Nord, ma erto e tutto a balze rocciose. Con grande dispendio d’energie lo si risale direttamente sbucando su di un avvicendarsi caotico di barbigli minori dove la traccia si affievolisce. Sempre tenendo ben d’occhio la bollatura, si guadagna il fondo del vallone principale e su ghiaie e rocce si raggiunge il Nevaio del Colombano, nel cuore della parete Nord del Legnone.

Il risalire ulteriormente fino a guadagnare l’azzurro del cielo permette di raggiungere la cresta abbandonata prima del traverso e da dove sopraggiunge anche la Direttissima. La rimontata Cresta Nord sfocia poi sulla Est e sulla Normale dai Roccoli Lorla a pochi metri dalla Croce.

Il raggiungere la cima è ormai pura formalità e serve essenzialmente a sbloccare la discesa per i lunghi meditativi traversi della strada militare del Legnone fino al Rifugio. Oggi, Il Nevaio è la vetta. Questo bianco tuorlo accucciato in uno spoglio appoggiato anfiteatro colmo di sfasciumi, frammenti di fallimenti e di un’infinità di bugie in frantumi. Da vicino, la sua superficie non è affatto candida. Sfatto e segnato, macchiato ed impolverato, instilla pena e compatimento per il suo essere così sfacciatamente morente. Ma se si è ancora in grado di riconoscersi in uno specchio, nel farsi ancora più prossimi, l’incidere e lo scavare poi più a fondo svelerà la purezza celata, e colta solo ora, del suo inverno cuore. Da esso si è attinta tutta l’acqua che ha dato forza e vita alla più bella delle stagioni. E se, nonostante il caldo torrido dell’estate, in qualche intimo recesso dell’anima, si sentisse freddo, non c’è da preoccuparsi. C’è Bellezza in questo mondo! Ne siamo immersi! Una stagione dietro l’altra!

VIE DI FUGA : Non presenti lunga la Via del Nevaio.

SUGGERIMENTI PER LA DISCESA : La relazione è completa di discesa.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”

Via del Nevaio e Direttissima non rappresentate.

 

RIFERIMENTI BIBLIORAFICI :

  • montagnavissuta.it : “MONTE LEGNONE, SALITA PER IL VERSANTE EST”

Ineccepibile relazione della Via del Nevaio.

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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