LE GRONDE - ALPE OLINO DALLE TREMEDE

Primaluna – Crevesto – Tremede – Alpe Olino

  • Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T5-

Indicazioni : Assenti;

Bollatura : Assente;

Traccia : Labile sentiero, spesso dubbio o assente.

  • Tempo di salita : ca 3 [h]

  • Dislivello positivo : ca 1000 [m]

  • Periodo consigliato : Tardo autunno o inizio di primavera.

Assoluto passo fermo e sicurezza decisionale sono requisiti fondamentali. Improponibile al contrario, a meno di conoscere già la zona; scendere infatti dalle Tremede implica centrare una buona manciata di difficili e poco intuitivi cambi direzione in una zona che concede poco all’andare per funghi.

  • Disponibilità acqua : Nessuna.

  • Appoggi : Nessuno.

  • Data di stesura relazione : Primi anni venti.

Ci sono angoli di mondo che anche le vecchie dettagliatissime carte riportano spogli di toponimi e umane tracce di passaggio. L’alta Val di Tremede è indubbiamente uno di questi. Essa si stacca dalla Val Molinara e ramifica, alle spalle di Primaluna, spaccando orridamente l’arcigna bastionata, tutta a balze di verrucano, posta alla sua testata. Questo repellente spettacolo, invisibile da valle, ha un nome; poche persone del posto, interpellate lungamente a riguardo, stremate infine sussurreranno: “le Gronde”...

Ci sono angoli di mondo che anche le vecchie dettagliatissime carte riportano spogli di toponimi e umane tracce di passaggio. L’alta Val di Tremede è indubbiamente uno di questi. Essa si stacca dalla Val Molinara e ramifica, alle spalle di Primaluna, spaccando orridamente l’arcigna bastionata, tutta a balze di verrucano, posta alla sua testata. Questo repellente spettacolo, invisibile da valle, ha un nome; poche persone del posto, interpellate lungamente a riguardo, stremate infine sussurreranno: “le Gronde”...

DESCRIZIONE: Partenza da Primaluna, parcheggio della scuola elementare. Recuperata Via S.Rocco la si sale fiancheggiando il torrente di Via Molinara fino ad attraversarlo su d’un ponticello pedonale (malmesso cartello metallico in loco indicante Olino) alla sua sommità. Abbandonate le ultime antiche case una rampa cementata lascia presto spazio al fine sontuoso ciottolato storico di questa antichissima Via; il più breve passaggio d’uno dei comuni più antichi della Valsassina per il Passo Tre Croci e quindi per il grande nord oltre la Bocchetta di Trona.
Ad un grosso bivio selciato una freccia di vernice indica di procedere a sinistra ed in piano. Incredibile la mancanza di segnaletica su d’un così storico e bellissimo tracciato. Si svolta quindi a destra risalendo lunghe e ripide rampe spaziate da ritmici tornanti in un castagneto maestoso ma anche molto trascurato.

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Milioni di ciottoli scorrono sotto i piedi in una perfezione che inebria e che fa tremare al pensiero che ognuno di essi è stato preso in mano, osservato e fermato al “suo” posto. Nessun fiocco di neve cade mai nel posto sbagliato. Quanto lontane sono dalla Verità le nostre spianate di cemento e le nostre colate di plastica.
Un largo verde spiazzo adibito a zona pic-nic è posto alle spalle d’una possente spalla di roccia alla cui sommità è posta la Croce di Crevesto. Una fontana dalla bocca di grifone annuncia la vicina suggestione medioevale delle tre vicine frazioni di Crevesto. Poco dopo una cappelletta, infatti, due isolate cascine ai margini del bosco (frazione “di Sotto”) anticipano l’aperto spettacolo del verde d’un immenso prato e dello sconfinato blu del cielo. Tra di loro, a farne da grigio fulcro, il piccolo nucleo di Crevesto.
La strada non lo raggiunge ma rientra nel bosco; la bretella di accesso è poco più avanti ed una visita è doverosa. Crevesto è solo una manciata di malmesse cascine con fontanile; altre due isolate costruzioni, la cosiddetta frazione “di Sopra”, sbucano dai vicoli a ridosso del limitare del prato a monte. L’indugiare con lo sguardo, soffermandosi al dettaglio, mostrerà inevitabilmente riprese approssimative; ma il fascino complessivo è innegabile.
Io mi spacco sempre in due a Crevesto, in piedi o seduto, fermo nel suo scorrere del tempo così delicatamente fermato. Dov’è finita la vita semplice che un uomo può sperare di comprendere ed amare? Un’antica via selciata da far risuonare piano, ammantati e a dorso di mulo. Un gruppetto di case di sasso abbracciate le une alle altre in mezzo ad un prato, sulla costa d’un bosco. Dietro una spessa porta di legno magari un affetto che, spalancatola, vi corre incontro e una Grigna immensa di fronte, quasi pudica, che si fa scortare dallo Zucco della Pieve e dalla Cima Eghen. E alle spalle poi, oddio, finalmente! Quelle Gronde spaventose, celate alla suscettibile delicata vista delle effimere certezze lasciate laggiù in valle.

Un richiamo possente mi spinge a calcare la complessità dei miei incubi nella speranza di raggiungere la semplicità dei miei sogni. Sembra follia ma è l’unica verità che mi ritrovo a maneggiare con familiarità; l’unica alternativa che ho trovato alla disperazione della stupida inerzia del comodo.
La mulattiera selciata fa ancora al caso mio non mollando un colpo. Per interminabile rampa fiancheggia il prato di Crevesto, sorretta e orlata da possenti mura a secco, fino ad infilarsi risoluta nella faggeta. Raggiunta la Val Molinara la traversa un poco più a monte di quanto possa suggerire un più curato passaggio. Una rampa franosa, quasi lo scavo realizzato prima della selciatura e poi abbandonato, conduce ad una costa della montagna. Il sentiero procede in falsopiano compiendo un ampio tornante.
No grazie, non seguirò i bolli, le strutture di legno a sostegno della traccia e gli omini di sasso. Io procedo dritto, lungo l’autentico tracciato medioevale della Via per Olino.

Un gradino di roccia naturale apre al sacrale silenzio della Val di Tremede e al lontano muggire del suo corso d’acqua. Presto un sentierino, ben poco visibile nel rosso mare delle foglie di faggio a terra, si stacca dal principale, ben convinto nel dirigersi verso il fondo della sua Valle. Dopo un ameno tratto un traballante ponticello di legno, appoggiato su d’un orrido collasso del pendio, obbliga ad alcuni delicatissimi esposti passi sulla spannetta di sentiero al suo termine risparmiata dalla frana. Ecco quindi un tratto aperto su cengia, attorniato da dolci betulle, che permette di raggiunge il roccioso fondo della Val di Tremede sopra una spettacolare cascata. Uscendone nei pressi d’un contorto faggio si giunge ad una profonda vena scavata violentemente da quella stessa acqua che in piena, qualche anno fa, spazzò via la Provinciale della Valsassina all’altezza di Via Mulino. A fatica ci si cala dentro ed ancor più faticosamente se ne esce su d’una lunga diagonale con alcuni gradini naturali. Un nuovo canalino franato si guadagna e si supera con alcuni esposti passi di danza. Adesso traversino e costa boscata che si sale per il dritto scovandovi alcuni deboli tornantini. Su pendio terroso la flebile traccia sparisce ma vi si scova un mesto ajale alla cui altezza si torna a traversare verso destra superando due nuove vene esplose. Una nuova costa su cui troneggia un grosso faggio prelude alla fine del bosco. Un ultimo piccolo atto di fede tra ramaglia e fogliame e sono all’aperto su alcune definite volte nel paglione. Spaventose cattedrali di roccia mi schiacciano a terra imponendomi di trovare rifugio alle loro falde, lontano dai loro sguardi rimproveranti. Un rustico, e quasi del tutto interrato, ricovero di pietra ed assi a servizio dei cacciatori sbuca in mio aiuto, centrale in una minuscola radura delimitata da splendidi tremej (sorbi degli uccellatori). Il nome della località è Tremede ed allude chiaramente alla famelica dimensione d’un tempo, quella che spingeva gli uomini fin quassù a fare fieno magro per la misera misura di “tri mede de fée” (tre covoni di fieno). La dirupata austera Agrella ricorda ancora la fatica e la grandezza di quei tempi. Il silenzio e la durezza delle sue forme sono il suo monito; attenti sembra dire, quei giorni faranno ancora a tempo a tornare. Solo strazio però, senza poesia né rispetto. La Grigna lontana, tace ed acconsente; seria e distaccata.
Non posso sopportare tutto questo, perché ho abbandonato la strada per Olino? Tra i faggi a sinistra ed alle spalle del baitello una tracciolina prosegue traballante e sbilenca in piano. Essa va ad Olino, un treno impagabile in quel minimo di stentata intermittente affidabilità che propone; una sicurezza che tenta ma che impone serietà ed impegno nel suo lungo esposto errare tra pendii erbosi ripidi oltre ogni dire, infimi canali, placche rocciose appoggiate e smottamenti d’ogni forma e dimensione.
Dietro un angolo eccomi.

Forme muscolose e levigate, compatte; sagome increspate ed avviluppate, slanciate. Verrucano rosa, rosso e d’un viola virante al blu. Come si fa a non riconoscervi le proprie stesse carni? Balze parallele alla linea dell’orizzonte fan correre lo sguardo lontano. Orridi canali le interrompono violentemente e la ripresa è sempre un poco più alta od un poco più bassa al successivo sperone. Scampoli di pioniere bosco vi si avventano celando con finta sensazione di morbidezza gli erbosi sfuggenti pendii basali d’infima erba. Come si fa a non riconoscervi il proprio caotico flusso di pensieri? La dimensione verticale e posticciamente umana di questo Urlo Rosso è disturbante. Questa non è una Via; è uno straripante viaggio nelle Bellezza spaventosa delle proprie abissali viscere affamate e nelle caotiche altezze della propria mente disturbata.
Raggiunta dopo un’eternità la Val Molinara, un franoso traverso proteso sul vuoto mi ricongiunge alla Via Medioevale all’altezza d’un largo ajale e quindi, per lungo tratto piano, all’Alpe Olino. Sul lungo gradino di sassi di verrucano della stalla finalmente mi siedo. Sono ora solo un’altra roccia rosa e rossa delle Gronde.
Ci vogliono molti fili d’erba per tessere un uomo. Ci vogliono molte notti insonni per illuminare a giorno un sogno. Dio destina le battaglie più dure ai suoi uomini più forti. Se non mi parla più con comprensibili parole umane ma solo con la Bellezza della Natura è perché, da buon maestro, non può più suggerirmi le risposte; la formazione è finita ed è in corso il mio esame; l’ultimo, quello della vita. Silenzio quindi!
Com’è dura Signore, ma come è bello!
Molto bene. Io ci sono. Ci son dentro in pieno.

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VIE DI FUGA : Non presenti.
SUGGERIMENTI PER LA DISCESA : Ritorno a casa (a Crevesto) da Olino per la Via Medioevale.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI:

• Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”
Riportata solo la traccia di Crevesto per Olino. Toponimo Val Molinara presente.
• Carta Nazionale Svizzera e IGM
Come sopra con in più la Via Mediovale. Nessun accenno alle Tremede e alle Gronde.

RIFERIMENTI BIBLIORAFICI:

 

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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