LA SFINGE - SENTIERO DEI SOLIVI e PIZZO DEI TRE SIGNORI

Introbio – Via Valbona – Solivi – Sfinge – Boc.ta d’Inferno – P3S – Piazzocco – Biandino

  • Difficoltà :

Avvicinamento alla Via Valbona e ritorno dal Santa Rita : Percorso Escursionistico T2

Indicazioni : Buone;

Bollatura : Datata;

Traccia : Pista, Mulattiera, sentiero;

Sentiero dei Solivi e Cresta sommitale di Piazzocco : Percorso per Escursionisti Esperti T3 +

Indicazioni : Cartelli segnavia all’inizio ed alla fine del sentiero dei Solivi – Cresta sommitale di Piazzocco e Varrone delle Vacche fuorivia;

Bollatura : Datata – assente;

Traccia : labile ma chiaro sentiero – assente;

Restante itinerario : Percorso per Escursionistico Esperti T3 –

Indicazioni : Buone;

Bollatura : Buona;

Traccia : sentiero, traccia;

  • Tempo di salita : ca 6.5 [h]
  • Dislivello positivo : ca 2000 [m]
  • Periodo consigliato : Luglio – Ottobre

La navigazione non necessita obbligatoriamente di buone condizioni di visibilità ma impone assoluta assenza di neve sulla Cresta di Piazzoco nel ritorno dal Varrone delle Vacche e sul Sentiero dei Solivi.

  • Disponibilità acqua : Madonna della Neve – Acqua S.Carlo
  • Appoggi : Rifugio Grassi – Rifugio Tavecchia – Rifugio Bocca di Biandino – Rifugio Madonna della Neve
  • Data di stesura relazione: Fine anni dieci.

L’antico e remoto sentiero dei Solivi, alto su di una montagna da tempo immemore contesa da tre Signorie, permette di raggiungere la Sfinge, posta a dominio della Valle d’Inferno, e di affrontarne l’Enigma. La risposta, ai tempi di Tebe come oggi, è sempre la stessa. Solo la domanda è mutata. Vuoi davvero sentirla?

L’antico e remoto sentiero dei Solivi, alto su di una montagna da tempo immemore contesa da tre Signorie, permette di raggiungere la Sfinge, posta a dominio della Valle d’Inferno, e di affrontarne l’Enigma. La risposta, ai tempi di Tebe come oggi, è sempre la stessa. Solo la domanda è mutata. Vuoi davvero sentirla?

DESCRIZIONE: Partenza da Introbio, parcheggio di Piazza Carrobbio. Traversato l’Acquaduro, imboccare Via Partigiano Mina e poi Via Biandino. Trovata sulla destra la rampa iniziale di un’antica mulattiera acciottolata, seguirla con fede transitando davanti alla cappella dedicata a Sant’Uberto. Entrando nel secolare bosco di castagni, ad un primo bivio segnalato con magnifica lapide in pietra, tenere la sinistra. Ben presto si sbuca sulla dissestata pista di servizio alla Val Biandino che si deve seguire fino al largo spiazzo in corrispondenza del Primo Ponte carrabile sul Troggia. Vicino ad un grosso masso, le antiche vestigia di un vecchio camminamento conducono a monte raggiungendo subito un marcato bivio ed una nuova lapide segnavia. Si lascia sulla sinistra, per il ritorno, il Ponte dei Ladri e la Via per Biandino seguendo ora le indicazioni di destra per la Via Valbona. Uno stretto e tortuoso camminamento s’intrufola solitario tra le infinite pieghe e le dure grinze della sinistra idrografica del Troggia, in Val Biandino, create dalle selvagge propaggini occidentali dello Zucco di Cam. Superato un romantico ponte di legno ed un breve tratto attrezzato è il susseguirsi lento e costante di tratti di macchia alternate da suggestive morene formate da accumuli di grossi massi di scisti. La navigazione a tratti non è semplice ma il proseguo è sempre intuitivo. Lasciata sulla sinistra la ripida bretella che permette di riallacciarsi alla pista in corrispondenza del Secondo Ponte, la si segue ormai parallela, non dissimilmente a quanto già vissuto fino ad ora, alcune decine di metri più a monte. Giunti nei pressi della di una più ampia e maestosa valle laterale si sarà giunti all’innesto della Valbona alla Val Biandino. La traccia rimonta inclemente la sinistra idrografica della nuova immissaria con numerose sagge serpentine volte a stemperare la ripidità di questo primo tratto. Più sopra gli orizzonti si allargano in presenza del magnifico anfiteatro che racchiude la Baita di Valbona tra magnifiche architetture di roccia e di scivoli d’erba. Si continua a salire raggiungendo la testata della valle e i miseri ruderi di una più alta cascina in corrispondenza del marcato intaglio della Bocchetta di Valbona. Da qui si potrebbe raggiungere direttamente la Grassi ma la curiosità spinge a proseguire su di una traccia che prima del valico si allontana verso nord. Seguendola si raggiunge presto una dimenticata area picnic e l’ingresso di una antica miniera di ferro che giustifica l’esistenza della Via percorsa fino a qui. Proseguendo oltre si bordeggia con attenzione, su scivolosa erba olina, tutto il fianco occidentale dello Zucco di Valbona raggiugendo la sua larga spalla a picco sulla Val Biandino. Il Pizzo dei Tre Signori può così ora mostrarsi in piena regalità e fierezza, preceduto alla vista dalla lunga e sinuosa schiera erbosa della Cima di Camisolo.

Il Passo di Camisolo è presto raggiunto. Le azzurre e bianche finestre della (capanna) Grassi poco più sotto donano un’aura medioevale all’occhieggiare del Pizzo nella nostra direzione oltre i morbidi profili della sua Normale. Il pensiero corre oltre, diretto alla Sfinge in nostra attesa. Stretta forte la presa sull’elsa della spada al nostro fianco, si riconoscono ancora le proprie forze e la propria ferma volontà. Seguendo il sentiero ufficiale a mezzacosta o, meglio, più fedelmente il filo di cresta, ci si avvia diretti ed est, verso il sole che sorge sul Pian delle Parole. Spazzato forte da venti ululanti e tempestato di parole tramutatesi in macigni è la giusta allegoria di molte vite. L’anticamera perfetta per il lungo corridoio dei Solivi che prelude alla Sfinge.

La Bocchetta Alta, al termine della rampa del Pian delle Parole, schiude uno spettacolo selvaggio. Oltre il settecentesco cippo di confine, che ci avverte di stare abbandonando lo Stato di Milano per quello Veneto, il massiccio contrafforte del Pizzo domina violento la scena. Il farsi più appresso è lo scoprire un terrificante ghigno di teschio proprio dove i pendii sommitali, più puliti ed erbosi, si tramutano improvvisamente in una larga e spaventosa cicatrice composta da torri, budelli e barbigli che attraversa tutta la sua parete sud.

La Via del Caminetto rasenta questa follia ben al sicuro sulla cresta Ovest. Seguendola, su di un poco marcato poggio, a pochi minuti dall’inizio della risalita, si concretizza l’occasione di affrontare il baratro. Il segnato Sentiero dei Solivi rasenta tutto il labbro superiore del sorriso del Pizzo. Seguendolo, con il suo procedere traballante ed arioso, a tratti esposto, crea intimo turbamento. Il re della montagna, lo stambecco, lo ha eletto suo terreno di evoluzioni che il semplice seguire con lo sguardo crea ammirazione e disagio. Interminabile è la lunga sequenza di coste minori e canali da superare che però altresì si vorrebbe non finisse mai.

Il sentiero dei Solivi giunge al suo termine poco più monte della Sella della costa della Cima di Fontane. Raggiuntala, il colpo d’occhio sulla sottostante Valle d’Inferno è ameno ed invitante. Un vero paradiso si schiude allo sguardo, tanto inaspettato quanto sorprendente per il nome che porta. Solo un oscuro volto, defilato, guasta la festa appena cominciata. Esso sbircia nella nostra direzione dai piedi della spalla del Pizzo dei Tre Signori. Appena notato, lo si sfugge istintivamente, in un modo che riesce a far convivere in sé ribrezzo e lo stesso timore provato di fronte al primo Amore. Si discende perciò confusi lungo un comodo traverso che consente di riprendere la normale di risalita da Ornica che calca fedele il fondovalle. La fuga prosegue risalendo la giogaia tra enormi blocchi, ampi volteggi del sentiero e verdi conche punteggiate di bucaneve. La severa presenza degli scivoli di roccia e delle alte torri sulla sinistra delineano piano, a tempo di passo d’uomo, la figura mitologica della Sfinge.

Faccia a valle, corpo di leone; ci segue solo con gli occhi. Immota e sempiterna, presenzia dal suo scranno il rincorrersi delle stagioni ed il susseguirsi delle ere. La criniera del dorso irsuta come in un mostro preistorico, assiste ora alla variegata umana processione che come la marea sale e ridiscende ad ondate la sua valle. Sono lontani i tempi di Tebe, quando aveva facoltà di togliere la vita a chi di passaggio non conoscesse o sbagliasse la Risposta. Col passare dei secoli, la sua natura interrogatrice non è però mutata e la sua sete di sangue non s’è invero placata; solo più raffinata, ora è divenuta in grado di smascherare ed intaccare le anime col pungolo del suo Enigma. In silenzio si presta ad esser ammirata e fotografata. Austera, arcigna; non desiste mai dal comandare al vento sovrano delle cime di portare ad orecchie coscienti ed attente l’interrogativo più pesante di tutti. Un quesito così annientante da non poter esser preso sulle spalle pur essendo piccolo come un granello di senape. In taluni riesce ad avvinghiarsi a qualche intimo recesso mentre in altri non attecchisce affatto. Travolti come dall’ordine d’una decimazione, la risposta già nota non si lega alla domanda. L’unica opzione è salire, ancora ed ancora, fino ad uscire da questa valle d’incubo in soavi vesti.

Oltre la Bocchetta d’Inferno, verso nord, una bianca dentiera sbarra il corso all’acqua verso valle creando l’omonimo lago artificiale; una slanciata superficie blu che interrompe una tetra vallata ingombra di massi e sfasciumi, orfana di troppo verde. L’aria qui non è ancora abbastanza fina per schiarire le idee e il decidere di salire per il Pizzo Tre Signori è il raggiungere la cima più alta della zona. Voltando a sinistra, dopo un lungo gioco di gradini e morene, canalini e rocce, si guadagna finalmente una misura buona, colma e traboccante di cielo. Non ci sono più impedimenti alla vista e tutto è un immenso girotondo. Si percepisce chiaramente, quasi fisicamente, l’immenso snodo della dorsale orobica sul quale ci si trova. A sud il proseguo fino allo Zuccone Campelli ed al Resegone, a Nord Ovest una sterminata processione di cime a fil di cresta fino al Legnone mentre, ad est, s’intravede l’imminente transizione verso le Orobie Centrali superato il vicino Ponteranica ed il Passo San Marco. E poi valli, innumerevoli, interminabili; punteggiate qua e là d’alpeggi. Pure un minuscolo triangolino di lago, segnato dalla sagoma del Matitone di Lecco, fa capolino tra i monti Coltignone e Due Mani. Tre stati un tempo avevano confine qui, ora sono tre provincie italiane a mescolare i loro dialetti con l’aria pura di queste altezze. Tra tanta inebriante contemplazione, i pensieri si perdono ritrovando così la strada di casa.

E’ ora di scendere. L’ampia e panoramica cresta di Piazzocco ci prende in consegna depositandoci alla sua larga Bocchetta. Abbandonando la sentieristica ufficiale e procedendo a fil di cresta si guadagna faticosamente il Pizzo Varrone delle Vacche. Dopo l’enigma della Sfinge anche la beffa del toponimo di questa morbida (quasi pascolabile) anticima dell’alpinistico e slanciato Pizzo Varrone. Un’inattraversabile forra ci separa infatti dall’esile croce che sormonta questo marcio e suggestivo dente conficcato a picco sulla Valle che porta il suo nome. Ci sono cose che non si possono raggiungere ed afferrare, magari solo non adesso. E quando si chiede una cosa, ci si deve intimamente struggere che questa possa avere una prospettiva infinita ed irraggiungibile. Il chiedere per oggi udienza alla Sfinge era la speranza e la certezza d’esserne spazzati via. E così è stato. Ubriachi di fatica si stenta a ragionare ed a snocciolare altri passi sicuri. Tenendosi per mano ancora un po’ sull’affilata cresta di Piazzocco si raggiunge di nuovo il sentiero che con qualche catena porta ad aggirare i tratti più impraticabili.

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Raggiunto il rifugio Santa Rita sulla dorsale spartiacque tra Val Biandino e ValVarrone si sarà tentati di fermarsi ma la prospettiva dell’enormità di strada che ancora manca al riposo imporrà presto una lesta ripartenza. Superato qualche isolato larice a metà della discesa per Biandino si raggiunge Madonna della Neve. Pochi posti al mondo sanno regalare un tale sincero abbraccio materno a chi vi giunge anche solo per la prima volta.

Qualcosa nel profondo s’è finalmente sciolto ed un traboccante grazie è tornato a sgorgare. La Bellezza e la Verità sono prerogative del magro stelo d’erba d’un’aiuola spartitraffico come del Giglio Rosso più regale del Pizzo Tre Signori. Vanno onorati entrambi con la massima ispirazione. La Sfinge m’ha semplicemente chiesto cosa stessi cercando. Ora lo so. Quello che cerco, fin dai tempi di Tebe quando sia io che il mondo eravamo più giovani, e che non smetterò mai di cercare, fino a quando mi dimenticherò di Tebe ed il mondo dovrà fare a meno di me, è l’Uomo.

L’interminabile lungo ritorno a casa sulla vecchia mulattiera di Biandino ha sapore di festa e di eternità.

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VIE DI FUGA : Non presenti sul sentiero dei Solivi. Non necessarie altrimenti.

SUGGERIMENTI PER LA DISCESA : La relazione è completa di discesa.

CONSIDERAZIONI :

  • Il sentiero dei Solivi appartiene al trekking del Sentiero delle Orobie Occidentali. Con il segnavia 101 sono stati concatenati alcuni dei più suggestivi sentieri della zona (Passo del Toro e Anello dei Campelli in primis) in un delizioso percorso a periplo della bergamasca. Sempre ben segnato e tracciato risulta molto battuto anche se spesso non in un’ottica di ripetizione integrale. Il Sentiero dei Solivi, solitario ed abbandonato per la sua remota ambientazione e la “scarsa utilità” ai meri fini di cime e rifugi è la sua preziosa eccezione.
  • La pista di servizio alla Val Biandino è di proprietà privata e chiusa al traffico da una sbarra sempre aperta in maniera che si possa raggiungere con mezzo da fuoristrada gli spiazzi in corrispondenza dei due ponti sul Troggia. Il transito non è consentito ma è tollerato. La pista è veramente dissestata ed angusta ma permette di risparmiare un po’ di strada e circa 500 m di dislivello. Decisamente più confortevole e pittoresco il servizio di navetta su mezzo fuoristrada che permette di raggiungere la Bocca di Biandino direttamente da Introbio. Contattare i rifugi per costi e modalità. Ovviamente, con queste opzioni, l’itinerario nel tratto iniziale va rimaneggiato.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”

Itinerario correttamente rappresentato (giustamente a meno della cresta sommitale di Piazzocco per l’anticima del P.zo Varrone).

 

RIFERIMENTI BIBLIORAFICI (Sentiero dei Solivi):

A riconferma delle considerazioni appena effettuate, poche ma variegate le informazioni reperibili.

  • Andrea Savonitto : “Le Valli del Bitto”

Guida ricca di spunti. La descrizione “Traccia poco evidente ma pianeggiante” ben si intona con il carattere sommario e spesso sconsiderato di quest’opera.

  • Angelo Gamba : “Guida al Sentiero delle Orobie” – geoportale.caibergamo.it : “Sentiero 101_4 : Rifugio Grassi – Rifugio Benigni”

“Percorso a mezzacosta per attraversare i ripidi pendii meridionali del monte.” Politically correct.

  • Carta illustrata della Comunità Montana Valle Brembana : “Sentiero Orobie Occidentali”

“Abbigliamento adeguato, un minimo di allenamento e via!” Davvero, che aggiungere di più?

  • paesidivaltellina.it : “Anello del Pizzo dei Tre Signori”

“ [..] va affrontato con molta cautela perché in molti punti è esposto.”

  • sentierodelleorobie.it : “2^Tappa: Rifugio Lecco – Rifugio C.Benigni”

“ un percorso da percorrere con attenzione”

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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