LA PUNCETA - TRAVERSO PEZZABURO AGROGNO

Avano – Pezzaburo– Punceta - Agrogno

    • Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T5

    Indicazioni : Assenti;

    Bollatura : Assente;

    Traccia : Mulattiera, sentiero, assente.

    • Tempo di salita : ca 2,5 [h]

    • Dislivello positivo : ca 800 [m]

    • Periodo consigliato : Inizi di Primavera o tardo Autunno.

    Questo storico ed abbandonato passaggio, ma ancora relativamente ben conservato, collega l’alpe fantasma di Pezzaburo alle rovine di Agrogno, attraversando alto sopra le orride balze e i verticali boschi sospesi della sinistra idrografica della selvaggia ed oscura Val Rasga. Il grado di difficoltà complessiva è qui quanto mai ponderato. Mantenendosi sul percorso corretto le difficoltà tecniche di progressione sono da percorso T4. Le insidie e le problematicità di navigazione sono invece probanti ed insidiose (T6). La cartografia è lacunosa o errata ed uscire fuori traccia è il maggiore e più facile pericolo, trovandosi quindi poi nella naturale condizione di forzare “intuitivi” e mortali passaggi verso il nulla. Il terreno difficile, oppressivo e sinistro corona questo amabile e spensierato quadretto.

    • Disponibilità acqua : Nessuna.

    • Appoggi : Nessuno.

    • Data di stesura relazione: primi anni venti.

La lunghezza d'un viaggio non si misura in spazio percorso e la sua importanza non si misura in esoticità e numero di mete. L'intensità d'un viaggio, la sua pienezza, è solo se e quanto ti senti lontano da casa e da tutto ciò che reputi afferrabile e comprensibile.

La lunghezza d'un viaggio non si misura in spazio percorso e la sua importanza non si misura in esoticità e numero di mete. L'intensità d'un viaggio, la sua pienezza, è solo se e quanto ti senti lontano da casa e da tutto ciò che reputi afferrabile e comprensibile.

DESCRIZIONE : Partenza dal minuscolo ed angusto parcheggio di Avano, nel cuore della ValVarrone. Entrato nel pittoresco centro storico, tra viuzze ed antiche abitazioni in sasso, la sensazione d’esser osservato mi pervade. Mi volto e scopro il campanile della chiesa che ora mi fissa dritto negli occhi.

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Straniato raggiungo la cabina elettrica a monte dell’abitato, sulla strada provinciale. Un ripido sentiero acciottolato ed un cartello metallico segnavia suggeriscono anche Agrogno. Vada per la meta, ma non per la strada suggerita!

Accettata comunque la direzione proposta, dopo poco mi immetto su di una secolare mulattiera acciottolata. Nel silenzio di località Piazzole, un antico e saggio castagno a guardia di un poggio erboso affacciato sul vicino baratro della Val Rasga, m’introduce ufficialmente nel regno del sinistro suggerendo, al vicino bivio, di non seguire le indicazioni per Rasga, Agrogno e Legnone, ma di proseguire a destra per l’Alpe Pezzaburo. Una superba mulattiera, tra serpentine a gomito e lunghi traversi, conduce in un poderoso castagneto in stato di profonda trascuratezza e aggrappato su d’un ben comprensibile balcone proteso sul vuoto. Un tratto più aperto nella selva ed un solitario cartello di località CAI annuncia Pezzaburo. Pochi passi ancora e si è prossimi alle prime fatiscenti baite che si presentano alla vista sotto la volta oscura del bosco. Alcuni recenti bolli rossi indicano decisi la via da percorrere correndo in aiuto a vecchissimi ma più autorevoli bolli bianchi e rossi ufficiali. La prosecuzione rasenta il limitare più occidentale del nucleo abitativo tra strettissime viuzze che serpeggiano tra gli umidi muri di sasso delle case. Qualcosa sembra sempre scrutarmi dall’infinità di porte aperte o divelte, dalle aperture di areazione dei fienili e dalle finestre. Da esse occhieggia il tetro buio che neanche la luce che filtra dai tetti sfondati riesce a vincere. L’attrazione è potente ed il muovere cauti passi tra altri vicoli ingombri di macerie e vegetazione svela un’autentica città fantasma inghiottita da un abbandono fattosi tangibile nel legno di quell’invadente bosco che vi è cresciuto in mezzo. Velocemente esco da Pezzaburo ritrovando la mulattiera che rasenta in un nuovo traverso verso oriente il limitare superiore dell’abitato. Si raggiunge una nuova schiera di abitazioni le cui condizioni generali non sembrano però così compromesse come quelle del nucleo principale.
Da sinistra noto immettersi nella via maggiore un secondario ramo della stessa. Le piode verticali poste a mo di lapidi che lo bordeggiano sono il segno che cercavo. Tra molte foglie ed abbandono questa nuova via conduce ad una prima antica doppia cascina dal caratteristico lato ad oriente stondato. Lasciatola al suo oblio ben presto se ne raggiungono altre due su cui un cartello di legno inciso reca il nome di Punceta. Tra loro ed una radura strappata a fatica all’avanzare del bosco s’interpone un filare di abeti. Su una pianta di questo diverse paia di scarpe sono inchiodate al tronco per le stringhe. Alcune sono molto vecchie ed ormai marce. Quasi schifato da tale oscuro presagio fuggo. Fuggo però nella direzione opposta a cui sono arrivato e questa tardiva consapevolezza mi fa voltare un’ultima volta lo sguardo alle mie spalle.

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Un largo camminamento prosegue risoluto in falsopiano, protetto sul ciglio a valle da altre lapidi, ma che non tarderà a ridimensionarsi in un semplice sentiero insidiato dalla vegetazione. Un maestoso faggio introduce questa volta nel regno della follia la quale non tarderà a corrermi intorno. Un aereo esposto passaggio selciato; steso su di un’ esile cengia rocciosa, dà ben subito e chiara l’idea del tipo di palcoscenico che son chiamato a calcare.

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Superatolo tutto d’un fiato il flebile sentiero prosegue nel bosco, un poco più protetto, fino ad uno spiazzo dove restano i basamenti in pietra di quella che credo fosse una stazione di teleferica. Il potente spettacolo dell’immensa vallata è tutto nella precipitosa immobile fuga verso il basso di verde e rocce, sublimato da una cascata incastonata nella testata rocciosa della stessa.

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Se il verde opulente della montagna non fosse ancora sbocciato o quand’anche fosse appena morto, dall’altro lato si scorgerebbero tra le piante le alte frazioni di Rasga; lontane da qui più che mai.
Il sentierino prosegue alternando tratti più marcati ad altri più vaghi fino ad arrivare appresso ad una porzione di bosco ingombrata da alcuni mucchi di sassi. Stando piuttosto alti si nota una suggestiva cengia rocciosa che apre ad una semplice scalinata alla cui sommità una grossa betulla impone una certa dose di acrobazie o di umiltà per superarla. A questo punto si abbandona la quota media impostata fino ad ora per un deciso strappo verticale fino ad un evidente muro a secco. Sulla sua sommità si ritrova l’esile camminamento che, passato vicino al moncherino d’un larice esploso in una miriade di schegge, traversa in leggera salita fino ad una nuova umile scalinata con gradini in pietra.
Sono su d’un poggio erboso e la traversata prosegue in piano verso un infimo umido canalino attrezzato con un vecchio cavo di ferro. Lo si ridiscende e si supera una placca rocciosa aiutati dai gradini ricavati dal bordo d’un mesto muretto a secco. A stenti si intuisce il proseguo innalzandosi sopra ad un’erta china erbosa su cui sembrano ricavati anche dei gradini nella roccia. Una lunga spettacolare sequenza di cenge naturali conduce ad una balza boschiva da cui si ammira tutta la spettacolarità del vuoto appresso al salto d’acqua alla testata della Val Rasga. Alcuni maestosi frassini anticipano la fine del bosco e dopo un breve traverso in piano si sbuca in una verde valletta. Senza traccia la si rimonta fino a superarne il fianco destro idrografico in un ombroso intaglio con gradini e muri a secco. Sono sul ciglio della cascata, ed un ameno torrentello percorre quella che è ora l’aperta e lussureggiante Val Rasga. Cambiando liberamente sponda la risalgo soavemente, fino quasi a dimenticarmi degli orridi e dirupati fianchi del Legnone che ho dovuto attraversare fino a qui.
Un ultimo strappo e raggiungo i verdi pascoli su cui transita il sentiero proveniente dall’Alpe Rasga.
Quì, quello che sarà il Monte Agrogno è in costruzione. Alcuni uomini stanno dando forma a mire ambiziose ed alla speranza d’un futuro migliore. Un immenso stallone è nato sui fiachi del Legnone. La radura ai piedi del neonato alpeggio è tutta di terra calpestata; ingombra ancora di sassi avanzati e delle schegge di quelli squadrati e poi usati per le mura a secco. Truccioli e scaglie di resinoso legno di larice profumano egualmente lo spiazzo esterno così come gli angusti spazi interni.
E’ agosto, hanno fatto appena in tempo ad ultimare il grosso dei lavori prima della neve e della prossima stagione di carico. Il virgulto larice piantato in primavera ha attecchito, sarà la pianta dell’Alpe la cui ombra e la cui sagoma porterà riferimento e conforto per tutti. Alcune donne hanno acceso il fuoco e messo su polenta, una di esse avvisa a gran voce tutti gli altri che c’è pronto (qualcosa) da mangiare. Un uomo, che mi sembra spaventosamente familiare, molla il suo lavoro e con un cenno del capo ed uno sguardo mi invita a considerarmi uno dei commensali. Io, stupito e lusingato, mi avvio verso l’uscio del locale giorno ma un suono proveniente dal futuro dissolve le figure e le proporzioni d’innanzi a me.
Il frastornante passaggio d’un aereo di linea colmo di chi, con tutta la probabilità del mese d’agosto in cui siamo, è diretto verso vacanze esotiche in cerca di invidia, mi riporta alla realtà. Il larice è diventato secolare, una pianta enorme e maestosa di fronte ai miseri sfondati ruderi della Casera bassa di Agrogno.
Questo lungo viaggio è finito; ora posso tornare a casa.

VIE DI FUGA : Non presenti.
SUGGERIMENTI PER IL RITORNO : Da Agrogno scendere in Rasga e da lì in Avano per il sentiero “ufficiale”.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”

Nulla di nulla. Segnato solo Pezzaburo, Agrogno ed il sentiero che da Rasga sale al Legnone.

  • Carta Nazionale Svizzera e IGM

La carta elvetica riporta paro paro la nostra militare. Quest’ultima, pur non riportando il toponimo Punceta, indica un percorso che da Pezzaburo mena alle alte frazioni di Rasga. Questo grave errore non deve in alcun modo convincere a forzare l’attraversamento della Valle prima della sua cascata. Vedere le considerazioni iniziali.

RIFERIMENTI BIBLIORAFICI :

  • flickr.com : Stefano Roverato – Anello in Val Rasga

Molto più che un fotoalbum di gita. Grazie per avermi illuminato la strada; senza starei ancora cercando di attraversare verso Rasga. Giro avventuroso, foto eccezionali e succinte descrizioni. Cosa volere di più?

 

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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