ANELLO D'ERNA - SENTIERI 18 e 21

Lecco – P.so del Cammello – Piani d’Erna - P.so Caber – Bo.ca d’Erna – Costa - Lecco

    • Difficoltà :

    Intero Itinerario : Percorso Escursionistico T2

    Indicazioni : Scarne ma inequivocabili;

    Bollatura : Datata;

    Traccia : Mulattiera, sentiero;

    Sentieri 18 e 21: Percorso per Escursionisti Esperti T4

    Indicazioni : Presenti;

    Bollatura : Paline di legno poco visibili e vecchi bolli;

    Traccia : Sostanzialmente assente;

    • Tempo di salita : ca 3 [h] per il P.so Caber
    • Dislivello positivo : ca 1200 [m]
    • Periodo consigliato : Maggio – Novembre

       

    • La navigazione in questo itinerario non necessita di particolari condizioni di visibilità. I numerosi canali attraversati risultano ostici se innevati; condizione che si manifesta  fino nel pieno della stagione.

      • Disponibilità acqua : Piani d’Erna
      • Appoggi : Rifugio Marchett
      • Data di stesura relazione: Primi anni venti

     

Raggiunto (a piedi) il trampolino dei Piani d’Erna si apre il privilegio di un tuffo nell’oblio verso l’angolo più selvaggio del Resegone. Dal decaduto comprensorio sciistico, ancor prima alpe ed ora meta di picnic e di facili escursioni, la ricerca di due persi (ma un tempo ufficiali) delicati sentieri permette di raggiungere la cresta Nord del Resegone e di farvi ritorno, compiendo così una tonificante doccia fredda tra tanta afosa apatia.

Raggiunto (a piedi) il trampolino dei Piani d’Erna si apre il privilegio di un tuffo nell’oblio verso l’angolo più selvaggio del Resegone. Dal decaduto comprensorio sciistico, ancor prima alpe ed ora meta di picnic e di facili escursioni, la ricerca di due persi (ma un tempo ufficiali) delicati sentieri permette di raggiungere la cresta Nord del Resegone e di farvi ritorno, compiendo così una tonificante doccia fredda tra tanta afosa apatia.

DESCRIZIONE: Partenza da Lecco, parcheggio della funivia di servizio ai Piani d’Erna. Lasciando la costruzione della funicolare sulla sinistra, scendere brevemente e raggiungere l’asfaltata strada privata per la località Deviscio. Un vecchia palina gialla del CAI segna per il Passo del Cammello a sinistra. Svoltare in quella direzione e dopo pochi metri si incontra un romantico cartello di legno inciso recante in corsivo le indicazioni per Morterone, sentiero 18 dei Carbonai; anche se in realtà per almeno un’ora abbondante il sentiero sarà quello della Corna per Erna. Siamo a cinque minuti a piedi dalla classica “partenza obbligata” di tutti i gitanti giunti in macchina o in pullman sulle pendici del Resegone.

Le premesse per un’Avventura sembrano le più lontane possibili ma è sempre nelle condizioni più improbabili, nei tempi e nei modi più inopportuni che Lei ama mostrarsi nella sua veste più bella. E qui, sotto la bastionata d’Erna, ancora lontano dal vivo dell’azione, per chi è in cerca, tale annuncio ha il sapore di una confortante dolcissima chiamata.

Un breve sentierino di raccordo nel bosco permette rapidamente di immettersi sulla pista di circonvallazione di Versasio. In corrispondenza di un marcato incrocio con altro tratturo procedere dritto assistendo alla sua veloce riduzione a buon sentiero. Esso traversa tutto il pendio basale della Corna per poi risalire direttamente su di una larga e ripida costa segnata dal passaggio dei tralicci della corrente. L’aver rimontato questa prima erta gobba anticipa la salita di un’analoga seconda, la quale prelude al Passo del Cammello. Ora il sentiero spiana e, valicando la dorsale, raggiunge l’oasi di silenzio del versante Nord del Pizzo d’Erna. In lungo traverso nel bosco, si perviene ad un definito largo canale ed alle ultime serpentine che conduco al vecchio borgo di Erna. Raggiunta la chiesetta e superato il rifugio Marchett, in corrispondenza della fontana e dell’area attrezzata pic-nic parco giochi, un sentierino appena accennato conduce in piano tra i prati, allontanandosi verso Nord-Est. Seguendolo con lo sguardo, lo si vede sfilare tra un malconcio orto ed un’impattante enorme costruzione privata, raggiungendo un cartello di legno dall’aria invitante e familiare.

Una delicata calligrafia conferma la prosecuzione del sentiero 18 in questa direzione. Morterone è dato ad un’ora e venti minuti di supposto facile e turistico itinerario. La realtà è subito un’altra e un presagio di inaffidabilità e travaglio attraversa la mente. Il sentierino infatti sembra procedere in piano verso un gruppetto di isolati e maestosi faggi, mentre un altro cartello in vista, fotocopia del precedente e con Morterone già ad un’ora e quindici minuti, punta a risalire diagonalmente le ex piste da sci. Procedendo in tale direzione, su labilissima traccia, spuntano sporadicamente e parzialmente dal prato chiodi arrugginiti e antiche assi di legno fossilizzate, i miseri resti di dimenticati gradini posti d’aiuto alla progressione. Stupenda la vista sulle Grigne e le cime della Valsassina, con il Monte Due Mani in primo piano a dividerle.

Raggiunto il limitare del bosco a monte del prato, un passaggio tra i giovani pionieri segni della sua avanzata permette di attraversare in piano la pista Roccia e di raggiungere l’oscurità del bosco. Un nuovo cartello di legno inciso conferma l’itinerario 18 ma nulla di più segue a questa constatazione. Il bosco cela gli antichi segni di passaggio e tutto sembra dimenticato e riconquistato dalla natura. Solo provando ad avanzare tra i rami in faccia e quelli marcescenti al suolo, si ritrovano i segni di un vecchio sentiero abbandonato. Seguendolo si raggiunge e si attraversa la quasi ormai rimarginata cicatrice lasciata dal passaggio dello skilift.

Oltre, è follia.

L’evanescente traccia a terra, le rare paline perfettamente camuffate sugli alberi ai quali sono inchiodate e i ben mimetizzati bolli sbiaditi (arancioni) hanno già scoraggiato l’escursionista già di ritorno sui propri passi. Possono essere invece d’aiuto ai più curiosi ed esperti nel suggerire un’idea di prosecuzione, ma solo inizialmente. L’avventuriero verrà infatti condotto così nel cuore selvaggio del Resegone per poi venirci abbandonato. La zona ha un nome, di per sé evocativo. I locali la chiamano Foppafusca.

Il tutto inizia abbastanza chiaramente con un traverso nel bosco fino a raggiungere un canale devastato dalle slavine che, oltre alla distruzione arrecata al bosco, sembra abbiano spazzato via anche la traccia a terra. Inutile pensare di ritrovarla o di continuare a farci affidamento, sarà lei a ripresentarsi se e quando lo vorrà; sempre e solo a seconda della comunque poca clemenza avuta nei suoi confronti dalla montagna. Paline e bolli sono l’unica, inaffidabile e scostante bussola su cui contare per procedere. Il voltare lo sguardo verso la direzione da cui si proviene non procura mai maggiore conforto o sicurezza del continuare a guardare avanti. Transitando ai piedi di una bastionata rocciosa si sbuca all’aperto il tempo necessario ad attraversare un roccioso canale e per rimontarlo su di una cengia dalle divelte e nascoste catene. L’ambientazione è suggestiva ed aiuta a dimenticare le difficoltà di progressione e di orientamento. Per ripido traverso si rimonta la sella a monte di un isolato e maestoso contrafforte roccioso; emerso dalla dorsale, spicca in altezza oltre al limitare bosco e si fa annunciare già da lontano, il messo che introduce ed avvia la parte seria del gioco. La sensazione di lontananza da tutto è tangibile. Un nuovo lungo delicato traverso, in parte in discesa, porta a raggiungere un ripido canale ed una nuova dorsale. Qui la direttrice da prendere è particolarmente dubbia e la vegetazione mai così oppressiva ed invadente. Nuovi vari canali vanno raggiunti ed attraversati mentre si conquista a fatica l’alto bacino che a monte termina con le ripide e spoglie balze che sorreggono il trafficato passo del Giuff.

Dopo questo tormentato e tormentoso budello un più regolare bosco attende. La cresta Nord del Resegone sembra vicina e, superato un primo appoggiato tratto dove alcuni faggi schiantati al suolo rendono ancora più difficile la navigazione, un lungo alto ripido traverso tra cumuli di foglie al suolo sembra preludere al lieto fine. Il valicare però una nuova dorsale, ritenuta speranzosamente quella conclusiva, apre all’inatteso. Un immenso caotico dedalo di strapiombanti balze rocciose ed angusti canali di opprimente bosco si frappone alla fine, generando sconforto. Un’immobilizzata cascata di spumeggiante e sfuggente legno e roccia in fuga verso il basso; l’urlo liberato dopo un profondo respiro e che riecheggia possente per tutta la Val Boazzo. Il proseguo è labirintico e tecnicamente difficile, impossibile darne fedele racconto. Paline e bolli sembrano letteralmente scomparire e l’altezza a cui impostare la traversata va in questo primo momento ricercata con molta attenzione, magari da un più alto pulpito panoramico, lontano dall’ultimo certo segno di passaggio. La solitudine è opprimente, enfatizzata dall’estrema incertezza e lentezza del difficile proseguo. Un delicato franoso canale dalle attrezzature strappate adduce ad un panoramico esposto traverso sotto di una paretina rocciosa. E poi di nuovo bosco, traversi e canali; di cui uno porta ancora addosso i segni di una scomparsa passerella. Un tratto ingombro da invadenti mighoff prelude ad un ultima incerta diagonale prima dell’agognata uscita dall’incubo che avviene in corrispondenza dell’ampia Forcella di Caber (cartello di legno inciso in loco). Il battuto sentiero della normale dalla forcella di Olino non può esser lontano ma il sentiero 18 ha un ultimo asso da giocare. Le ricomparse paline ed un intuibile traccia a terra puntano dirette a Nord. Dopo pochi metri però, una scissione tra loro può indurre a seguire la traccia destinata a scomparire mentre i segnavia invertono la marcia verso Sud-Est. L’occhio esperto, già ampiamente allarmato dal vissuto, si accorge in tempo e perdona con un sorriso quest’ultima trovata dell’itinerario. Senza traccia, in compagnia delle paline, si rimonta un’ultima facile costa e ci si immette in discesa sul sentiero della normale da Olino con un sospiro di purissimo sollievo.

Un fatiscente tavolo da pic-nic in loco è tutta l’accoglienza presente, ma la festa è grande. Un nuovo cartello di legno inciso con le indicazioni per Erna è posizionato alcuni metri sopra il sentiero e completamente fuori dalla vista. Impossibile venirne tentati. L’occhio ancora vigile ed attento noterà però altre paline recanti il numero 18 allontanarsi da sole in discesa in direzione di Morterone, ma per oggi basta così. Una più degna prosecuzione attende.

Rivolti i passi verso nord, il dolce sentiero, così faticosamente guadagnato, accompagnerebbe soavemente il viandante fino alla forcella di Olino e più oltre ancora, fino in Muschiada o in Boazzo. Verrebbe davvero voglia di abbandonarvisi, mollare le cime e farsi trasportare dalla strada. Ma pochi metri prima della Provinciale 63 per Morterone, in corrispondenza di una sella e di un vicino capanno di caccia, il Richiamo della Foresta torna a sedurre, martellando insolente le tempie.

Un bivio, percepibile solo in direzione d’avanzamento opposta, è la fonte di tanto turbamento e, nel voltarsi per fronteggiare tale nuovo sprone, un sorriso, stanco e monello, affiora in volto. Una palina, le cui fattezze oggi si sono impresse nell’animo nella viva speranza di ritrovarle appese ad un albero, porta inciso il numero 21 e sovrintende un sentierino che si stacca a destra da quello principale diretto al Resegone. La dovizia di bollature ed indicazioni sugli alberi nella direzione da cui si proviene lascia ben intendere che nessuno deve poter avere dubbi a riguardo. Non si va di lì, punto! E per questa ragione manco ti diciamo dove si potrebbe andare! Il tarlo di un’idea su dove vada è però già nato. Da lì non si può che andare in Erna ripassando da Foppafusca!

Il soave sentiero si è fatto di colpo stucchevole, e la brama del tonico di ciò che è selvaggio prevale su ogni considerazione e sulla stanchezza. Ormai è deciso, si ritorna in Erna dal 21! Ma qualcosa non torna, il sentierino non sparisce e sembra anche ben curato. Ben presto se ne comprende il motivo transitando nei pressi di un defilato capanno oltre il quale però si riconosce lo stesso stampo del vecchio amico dell’andata, solo forse un poco addolcito dalla maggiore età e dalla minore quota. Con lungo traverso si superano alcune vallecole in cui permane ancora una buona traccia e poi molto bosco invaso da foglie secche.

Risalito uno dei contrafforti, poco distante dalla via, di una dirupata cresta rocciosa che fugge a picco in Boazzo, il colpo d’occhio sull’anello d’Erna è impagabile ed esaltante.

Individuata la bocca di un erto canale, lo si ridiscende direttamente su labili serpentine inghiottite dagli arbusti. Usciti allo scoperto, risulta fondamentale individuare l’altezza corretta di un delicato traverso su fieno magro appoggiato su infimi risalti rocciosi. Rimontando l’opposto versante di un prossimo canale si guadagna il passaggio chiave della traversata. Una scivolosa ed erta passerella a guadagnare l’esposto balcone di una più sfrontata balza. Oltremodo delicata poi la ridiscesa, considerando le sbrindellate ed inutilizzabili catene a decorazione. Il riguadagnare il bosco prelude alla scomparsa della traccia ed ad una infinita processione di valli minori da raggiungere e traversare. Queste sono caratterizzata da una considerevole quantità di piante riverse al suolo, alcune delle quali, disposte trasversalmente all’itinerario obbligano a lunghi giri di circumnavigazione o spettacolari passaggi a cavalcioni. La ricerca di bolli e paline è però qui meno selettiva rispetto all’andata e presto, superato un maestoso faggio padrone di sé e della costa sul quale è nato, si raggiungono alcuni più appoggiati canali maggiori sbucando sulla fangosa e dissestata pista di collegamento tra Erna e Boazzo.

Nuovamente e definitivamente risollevati, la graziosa frazione di Ospitale d’Erna ci accoglie calorosa. Ora, anche noi, possiamo degnamente riposare alla semplice bellezza di un prato e delle nuvole che scorrazzano nel cielo sospinte da una leggera brezza. Sfilato il Marchett e riattraversato il sentiero 18, la Bocca d’Erna è presto raggiunta e prelude alla discesa per Costa. In questo crocevia, pieno di cartelli e pannelli illustrativi (anche del menù del rifugio), perviene, soprattutto dall’arrivo della funivia, una variegata umanità in cerca delle indicazioni per la propria gita. Qui ci sono anche i cartelli (di legno inciso!) dei sentieri 18 e 21. Posizionati solo un po’ in disparte, nessuno li considera.

Un ennesimo sorriso fiorisce sul viso, alla Bocca, per chi invece li riconosce tra tanti.

VIE DI FUGA : Non presenti lungo il sentiero 21. Raccordo avventuroso del sentiero 18 con il sentiero n°7 per il passo del Giuff (vedi approfondimenti)

SUGGERIMENTI PER LA DISCESA : La relazione è completa di discesa.

APPROFONDIMENTI :

  • Entrambi i sentieri sono classificati come “facili” (cartelli segnavia metallici blu – E).

  • Sul sentiero 18 si possono scovare alcuni vecchissimi bolli recanti la precedente numerazione “21A”.

  • Sul 18, all’altezza del valico a monte del contrafforte roccioso, esiste un avventuroso raccordo con il sentiero n°7 del passo del Giuff. In pratica, su traccia appena appena intuibile ed ingombra di vegetazione, si rimonta la costa del valico fino a traversare a sinistra ai piedi d’una parete rocciosa. Oltre, alcune vaghe serpentine permettono di sbucare sull’altro più segnato e trafficato segnavia.

  • Il sentiero n°18 prende il nome dai resti dei numerosissimi ajali (piazzole dove i carbonai d’un tempo andato ottenevano carbonella dalla combustione anaerobica della legna) che si incontrano lungo la via.

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta 1:35000 “GRIGNE – RESEGONE – CAMPELLI – TRE SIGNORI – LEGNONE”

Sentiero 21 completamente assente. Sentiero 18 rappresentato, erroneamente assieme ad altre carte, ben segnato e diretto solo al Passo del Giuff.

 

RIFERIMENTI BIBLIORAFICI :

Nessuna relazione reperita relativa ai due sentieri in questione.


Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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