LA COLLINA DALL'ORRIDO

Ronco Polacco in Roncaglia – Val d’Albere – La Collina

Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T4/T5

Indicazioni : Assenti;

Bollatura : Assente;

Traccia : Labile o assente;

Tempo di salita : ca 3,5 [h]

Dislivello positivo : 900 ca

Periodo consigliato : inizi di primavera – Tardo autunno.

Itinerario destinato ad avventurieri. Isolamento e navigazione obbligata impongono attenzione ed i soliti requisiti minimi di asciutto e visibilità.

Disponibilità acqua : Nessuna

Appoggi : Nessuno

Data di stesura relazione: Primi anni venti.

L’Orrido dell’Enna ha da sempre opposto un ostacolo notevole all’accesso in Val Taleggio da San Giovanni Bianco. Oltre alla perduta (ben strutturata) Strada della Forziola in sinistra idrografica, un altro sapiente camminamento (ma ben più rozzo ed audace) lo risaliva in destra idrografica fornendo così pure un significativo collegamento con la casera Casamea e, quindi, con la comoda forcella di Bura aperta sulla Val Brembilla. Oggi, basta una sola occhiata sulle propaggini ostili e selvagge cautamente attraversate da questo dimenticato passaggio per provare un’angoscia senza nome - turbamento che è nulla a confronto di quello che si percepisce lassù; una baraonda di materia d’incubo disposta in un crescendo di verticalità che a mezzogiorno termina in una tondeggiante elevazione: quella Collina appollaiata, imperturbabile; dal nome comune, dileggiante il mio umano coraggio.

L’Orrido dell’Enna ha da sempre opposto un ostacolo notevole all’accesso in Val Taleggio da San Giovanni Bianco. Oltre alla perduta (ben strutturata) Strada della Forziola in sinistra idrografica, un altro sapiente camminamento (ma ben più rozzo ed audace) lo risaliva in destra idrografica fornendo così pure un significativo collegamento con la casera Casamea e, quindi, con la comoda forcella di Bura aperta sulla Val Brembilla. Oggi, basta una sola occhiata sulle propaggini ostili e selvagge cautamente attraversate da questo dimenticato passaggio per provare un’angoscia senza nome - turbamento che è nulla a confronto di quello che si percepisce lassù; una baraonda di materia d’incubo disposta in un crescendo di verticalità che a mezzogiorno termina in una tondeggiante elevazione: quella Collina appollaiata, imperturbabile; dal nome comune, dileggiante il mio umano coraggio.

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DESCRIZIONE : Partenza da uno degli ampi spiazzi sterrati disposti lungo la Strada Provinciale 25 appena fuori la frazione di Ronco Polacco. Incamminandosi su bitume verso l’Orrido dell’Enna si lascia presto sulla destra il ponte della pista di servizio a Cantalto fino a che, sull’interno di una mezza curva, s’intravede un mesto sentiero (rinfrancato al piede da tronchi di sostegno) intrufolarsi nel bosco. Sono pronto?

Risalita la breve erta boscata, una rampa d’acciaio aiuta a risalire un terrapieno steso sopra una condotta d’acqua dal pelo libero. Puntando ad un minuto traliccio della corrente si torna a salire tra arbusti in cui scovare, per rade roncolate, una vaga traccia. Con alcune stinte ma chiare serpentine d’antico passaggio si entra in un primo canale sommitale della Val d’Albere; anticamera della Collina. Per cengia si supera un esposto passaggio (fittoni e malridotta ponteggia) su d’una ruga della stessa riprendendo a salire fino alle radici incuneate nella terra di un’aggettante fascia rocciosa. Lasciandola a man rovescia si raggiunge un’evidente aiale e, superato un nuovo canale della misteriosa valle principale, sono sulla sella del nerbo a chiusura della Val d’Albere.
Un primigenio spettacolo mi travolge. Una cascata spumeggiante di legno, erba e rocce dalle mille sfumature di grigio. Striate di cobalto, turchese e carne; forme lucenti, sane e compatte cariate di marcio. Oscuri e contorti vuoti delimitati da forme bislacche e slanciate. In definitiva un ammasso sgraziato di proporzioni non euclidee cucite su immensi silenzi e spettrali giochi di luce; immote in un osceno girotondo infulcrato in un isolato ed orrido nero buco al centro della fascia rocciosa di cui ho bordeggiato a lungo il piede. Io, disorientato, mi aggrappo ammaliato da tanto spettacolo ad una lama di roccia – amica che però non mi fornisce sostegno ma solo una più veloce veicolazione in me del selvaggio che mi rotea attorno.

Tornando a traversare, invitato da un atavico richiamo, passo sotto due oscuri e spaventosi gendarmi di roccia che vegliano sulla perduta via per Casamea. Raggiungendo uno speroncino su d’una costa le forme vicine della Collina si confondono con quelle lontane del Cancervo – un animalesco amplesso in cui mi perdo anima e corpo.

Per cengione arioso si prosegue verso una successione di varie coste che celano un delicato passaggio franato che apre alla breve salita per un’anonima forcellina tra due morbide rotondità. Per cresta, sopra un severo canalino che le divide, si approda ad una morbida faggeta con ajale sommitale da cui, in piano, è libero il traverso per la costa che schiude alla vista la Val Caligioli con l’agognata Casamea.
Ma non è per oggi il raggiungerla per la traccia che vedo puntarla in piano [vedere in proposito la relazione “CASAMEA DAI SEGIOL DI VALBONA”]; per cresta decido di salire in cima alla Collina dove ad un passo non ne succede un altro. In vetta, nonostante un panorama di prim’ordine, non riesco a smettere di pensare però a quel nero occhio della parete visto abbracciato alla scaglia calcarea, piantato nella roccia della Val d’Albere e mezzo ingombro delle stratificazioni di un’infinita successione di nidi d’acquila. L’ho riconosciuto come lo spioncino di questo mondo; uno sguardo aperto su distanze siderali ed orrori senza nome. E’ giusto che tu sia così irraggiungibile, poiché da te sgorga e si espande il grido querulo di un’esistenza rapace ed affamata.

VIE DI FUGA: Non presenti.
ALTERNATIVA DI SALITA: Dalla sella della scaglia di roccia dopo la Val d’Albere si sale direttamente ai gendarmi per una valletta boscosa ingombra di sfasciumi. Piegando a sinistra raggiungo la sommità del fianco orientale dove, eccoli! Due osceni barbigli di roccia sembrano arrivati direttamente da un incubo sproporzionato.

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Salendo ancora si rasenta lo scudo di roccia terminale uscendo sulla dorsale di sinistra che, appoggiata sulla Val Palada e generosa di tracce di selvatici, per canali e roccette ingombri d’arbusti permetterà di calcare l’agognata sommità della Collina.
SUGGERIMENTI PER IL RITORNO: Dalla Collina, alla prima sella del crinale verso Sud, imboccare la larga faggeta di sinistra scendendo in Val Palada. Dopo un tratto abbastanza dubbio si perviene ad un rustico cascinale con slavacc al cui fianco si scopre una poco battuta ma chiara traccia che sicura punta a valle. Per lungo traverso si pega in Val Trappola (proprio sopra Ronco Polacco); proprio dove il potente spettacolo continua grazie alla Collina che vi contribuisce con un altro grido di pietra.

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APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta IGM – foglio di fine ottocento.

Riportato correttamente itinerario e zona. Certo, al 50 000 e ferma a circa 150 anni fa…

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI :

  • itinerALP: “La Portea”

Relazione seria ed ispirata.

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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