MONTE MELMA DA LAORCA

Laorca in Lecco – Campo Vai – Cornellone – Montalbano – Sas Quader

Difficoltà : Percorso per Escursionisti Esperti T5

Indicazioni : Assenti;

Bollatura : Assente;

Traccia : Mulattiera, labile sentiero, assente;

Tempo di salita : ca 2 [h]

Dislivello positivo : 400 ca

Periodo consigliato : Primavera – Autunno.

Dopo il varco, abbandonati i sentieri ufficiali, quota bassa e versante esposto a sud impongono, di fatto, stagioni fresche e foglia caduta. Rovi, piante riverse al suolo, ed un finale in crescendo, più spoglio ed esposto, tecnico e con traccia assente, impongono sempre passo sicuro e un ottima capacità d’orientamento. Per avventurieri esperti e capaci in cerca di qualcosa di breve ma intenso.

Disponibilità acqua : Nessuna.

Appoggi : Nessuno.

Data di stesura relazione: Primi anni venti.

Un monte minuto e dall’ingrato nome, schiacciato da illustri vicini, cela, nient’affatto risentito dietro ad un’immensa facciata di umano abbandono, un meraviglioso lato selvaggio. Questo storico itinerario è un assaggio di quanto nascosto; ad ora il solo boccone raggiungibile e sopportabile.

Un monte minuto e dall’ingrato nome, schiacciato da illustri vicini, cela, nient’affatto risentito dietro ad un’immensa facciata di umano abbandono, un meraviglioso lato selvaggio. Questo storico itinerario è un assaggio di quanto nascosto; ad ora il solo boccone raggiungibile e sopportabile.

DESCRIZIONE : Partenza dal parcheggio di Via Papa Paolo VI in Lecco. Seguendo le indicazioni per il San Martino, per stretta viuzza si entra nel centro storico di Laorca fino alla pendente piazzetta lastricata di fronte alla Chiesa dei Santi Poetro e Paolo. Presa al suo limitare inferiore l’angusta Via Giacomo Spreafico si sbuca sulla Provinciale 62 che si attraversa scendendo sull’altro lato verso il torrente Gerenzone lungo la Via Luigi da Porto. Voltato lo sguardo sui propri passi si verrà sorpresi da uno scorcio magnifico, dove le case di Laorca guidate dal campanile della chiesa, fronteggiano un esplosione di roccia e verde alle loro spalle.

Per breve bretella si approda a Via Campo Vai che, portata a termine a ridosso del verde, la si potrà vedere tramutare nel sentiero 41 diretto al Monte Melma. Per breve rampa si costeggia un largo prativo e, intrufolandosi tra alcune cascine e ricoveri di legna ed attrezzi, si guadagna un bosco di carpini anticipato da alcuni grossi castagni.

Qui, si può anche giungere dalla località detta “svizzera”, ovvero dal ponte di fine Via Ramello che pur è raggiungibile da Via Luigi dal Porto per suggestivo tratto appresso alle storiche fiumicelle e paratie che diedero prima forza agli albori delle primitive industrie lecchesi. Un’esile mulattiera selciata a gradini, vero inizio della strada per il Melma, si alza panoramica per prati sopra le ultime case. Al primo bivio si tiene a sinistra (lasciando a destra il corrimano per le cintate proprietà di Selvagrande) e per breve traverso ci si congiunge con il bollato segnavia di Campo Vai.

Per lungo traverso si sale fino ad incontrare una paltosa rampa su cui il sentiero serpeggia poco incisivo e fino a sfilare appresso ad un grosso sperone roccioso. L’istinto mi fa abbandonare la via per cercare di raggiungerne la sommità ingombrata da un pilone dell’alta tensione. Questo è il Cornellone e la vista che si gode da quassù è impagabile. L’arroccato e compatto borgo di Laorca è sovrastato a monte dalla grotta del suo cimitero mentre, ancora più sopra, continuo ad ammirare ammaliato l’immobile detonazione di roccia solo intravista poco prima.
Una fiumana di case scorre ai miei piedi come un rivolo di sangue fino alla larga pozza di Lecco a ridosso del lago. Essa prosegue poi oltre, a perdita d’occhio; l’immagine stessa dell’impetuosità della vita che scorga dal selvaggio delle montagne e che allaga le asfittiche e civili pianure della sicurezza e dello sviluppo.
Non può bastare però una tavola per rappresentare tutto questo. Forse a dedicarci un anno di lavoro ne uscirebbe qualcosa di degno; è toccante sapere che esistono ancora scorci degni per nuovi Ercole Calvi.
Riparto, frastornato e commosso, fino a sbucare sulla Strada Mandria, ovvero la pista sterro cementata che porta all’osteria di Montalbano. Una rampa di scale, troppo rimaneggiata con gradini e picchetti, se ne stacca facendo proseguire un sentiero che ora sale ad ampie volte fino ad un traverso dove le roveri contendono il campo ai castagni.
Al segnalato bivio, al posto di salire, scendo un poco fino dove un nero cunicolo si immette dalla mia sinistra.
Ecco cos’ho intravisto dal Cornellone!

Un largo camminamento si avvia spedito in lungo traverso in falsopiano nelle dissestate e trascurate selve di castagno. Superando varie piante divelte che ostacolano il procedere si esce poi come d’improvviso dal regno dell’autunnale frutto d’antica sussistenza approdando ad una stretta lingua di prato, tanto minuta da non consentire di far correre lo sguardo oltre il basso muro di roverelle e carpini che la cintano. Forzando il passaggio, leggermente alti sul suo limitare a monte, si scopre un passaggio per una larga costa rocciosa dalla bella vista sul circondario.
Un’esile lungo intaglio mi fa approdare ad un boschetto ingombro di sfasciumi a ridosso d’una parete rocciosa. Continuando a rasentare la placconata giungo sull’aerea spettacolare spalla d’una larga dorsale. L’inaspettata Bellezza di cosa ho schiuso mi travolge dall’alto irruenta e giocosa.

Continuando ad attraversare su ripido prato ingombro di radi boschetti guadagno i pochi esposti passi sul vuoto che regalano la meraviglia inaspettata ma cercata d’una provvidenziale esile cengia verso i marosi in fuga della parete sud orientale del Melma.
Per nuovo traverso ascendente approdo ad una costa che, risalita, torna ad appoggiarsi su largo pendio invitando chiaramente a salire.

Sono sulla verde cresta orientale sulla quale mi scopro in corsa, colmo d’emozione e spavento per quanto appena visto, in cerca del sentiero in arrivo da Ballabio.
Scopertolo alla base d’una breve riva d’erba vi ci salto sopra in groppa senza un’esitazione. Le gambe cedono e io appoggio i miei palmi per terra, affondandovi quanto posso le dita. Così, sicuramente aggrappato al dorso del grigio sicuro serpente di ghiaia e sassi, lascio che il cuore torni a pulsare piano e profondamente mentre lui, di buona lena, mi porta fin su dove ad un passo non può seguirne un altro più alto.
Dopo il Cornellone, finanche la sommità del Monte Melma è ingombra di umana ferraglia. Questa in più ronza e vibra; stride con le mie frequenze riappacificate costringendomi a fuggire verso un sole che si sta preparando ad inabissarsi presso distanze siderali.
Non passano che pochi attimi ed il Melma schiude per me la festa a sorpresa del nostro primo incontro. Bandierine tibetane svolazzano eteree a perimetro d’una sobria croce di scuro legno incastonata su d’un pulpito roccioso.
Non ci penso su un secondo, supero il fine cordone multicolore e mi inerpico sul Sas Quader ritrovandomi in piedi, fianco a fianco alla croce, fianco a fianco allo stesso Melma.
“Povero piccolo Monte”mi scopro a dirgli.
Le mie mani sono sporche di terra, le braccia sgraffignate e i capelli sudati appiccicati alla fronte come al solito. Le cose però fluiscono a me nitide; abbassate di un tono come alla fine delle giornate più belle e meglio vissute. Le altre alte rinomate cime tutt’intorno si fanno più appresso, incuriosite dallo spettacolo, in un inebriante girotondo.
“Io pure ti ho ignorato così a lungo; non avresti dovuto essere così generoso con me.”
Io e il Melma, quasi imbarazzati, guardiamo entrambi lontano; due sguardi retti e paralleli, puntati nella stessa direzione, che finiscono infine nell’incrociarsi fugacemente e fraternamente nell’ultimo spicchio di sole sparito alle spalle di nere possenti figure.

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VIE DI FUGA: Non presenti.
SUGGERIMENTI PER IL RITORNO: Sentiero 41!

APPROFONDIMENTI

RIFERIMENTI CARTOGRAFICI :

  • Carta 1:20000 “Gruppo delle Grigne”

Traccia indicata, come buon sentiero, tronca in corrispondenza delle prime formazioni rocciose.

Tutti i diritti riservati. Ogni contenuto è originale e di esclusiva proprietà  MNR – Negri “Manara” Raffaele

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